Cina e Made in Italy: Un Affare RischiosoL'IDEA DI GIACOMO BANDINI

L’Italia è un ponte tra Oriente ed Occidente. Il Ministro Di Maio lo ha ribadito durante la visita in Cina dove si terrà la seconda edizione della China International Import Expo (Ciie). La Nuova Via della Seta (Belt and Road Initiative) dovrebbe essere il primo passo verso un rafforzamento dei rapporti economici, ma con il passare del tempo i dubbi sulla reale convenienza della partnership crescono e coinvolgono la tutela della proprietà intellettuale. 

PERCHÉ È IMPORTANTE   La visita del Ministro è in parte mirata alla tutela del Made in Italy al centro dell’interscambio commerciale tra i due Paesi che dovrebbe aumentare grazie anche a forti investimenti infrastrutturali. Nel 2016 le imprese italiane hanno perso 24 miliardi di euro di volume d’affari a causa della contraffazione a livello globale. 

Circa 15,84 miliardi sono sfumati a causa di merci prodotte in violazione della proprietà intellettuale provenienti dalla Cina e dall’hub di Hong Kong. 

Elevati tassi di violazione della proprietà intellettuale comportano conseguenze significative per le aziende e per il sistema-Paese:

  • diminuzione dei volumi di affari, del valore del brand e vantaggio competitivo per le imprese;
  • ostacolo ai processi di innovazione con ricadute negative sulla crescita economica e l’occupazione;
  • rischi per la salute e la sicurezza dei consumatori;
  • danni reputazionali con conseguente calo degli investimenti esteri;
  • perdita del gettito fiscale e maggiori spese per contrastare la contraffazione.

NON SOLO EXPORT   A causa della contraffazione si stima che l’occupazione persa nel settore della vendita al dettaglio e all’ingrosso siano state oltre 31mila nel 2016, circa l’1,7% di tutte le persone occupate nella filiera del retail. I posti di lavoro sfumati nelle industrie italiane a causa della violazione del marchio ammonta a oltre 57mila, ossia il 2,3% del numero totale di dipendenti nel settore manifatturiero italiano. Complessivamente, nel 2016, l’OECD ha stimato una perdita di 88000 unità ossia il 2,1% dei dipendenti equivalenti a tempo pieno in Italia. 

ANCHE LE CASSE PIANGONO   Le minori vendite consequenziali allo sviluppo dei mercati illegali in Italia ha comportato minori ricavi per lo Stato dall’imposta sul valore aggiunto, dalle imposte sui redditi e contributi previdenziali pari a 10,3 miliardi di euro ossia lo 0,6% del PIL. L’IVA perduta si aggira intorno al 3,6% del totale. 

Un aumento dei flussi commerciali potrebbe, quindi, portare giovamento alle imprese italiane. Tuttavia non si può prescindere da una adeguata tutela della proprietà intellettuale. Vero core della protezione del made in Italy e della produzione di qualità italiana. 

Nel case study “Belt and Road Initiative and Its Effects on Intellectual Property: The Case of Italy” con cui Competere ha contribuito all’International Property Rights Index 2019 abbiamo affrontato questo tema e abbiamo elaborato alcune raccomandazioni che potrebbero essere utili per proteggere le imprese italiane e la sicurezza dei cittadini:

  • è necessario concordare con la Cina regolamenti chiari in materia di tutela della proprietà intellettuale prima di implementare le varie iniziative previste;
  • devono preventivamente essere stabiliti sedi e procedimenti efficaci per risolvere le controversie in materia di violazione sia interni sia esterni ai due Paesi;
  • è fondamentale definire standard internazionali che prevedano sanzioni e penalizzazioni per la violazione della proprietà intellettuale;
  • la cooperazione con i partner Europei e Occidentali è importante per mantenere elevati livelli di sicurezza e vigilanza. 

LEGGI IL CASE STUDY “BELT AND ROAD INITIATIVE AND ITS EFFECTS ON INTELLECTUAL PROPERTY: THE CASE OF ITALY”

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