Grillini, Democrazia Diretta E…L'articolo di Pietro Paganini per Affaritaliani.it, 9 Settembre 2016

Dopo Atene, Roma. La commedia che si sta recitando in Campidoglio in questi giorni è una nuova dimostrazione che l’istituto della democrazia diretta ha fallito. L’idea che il popolo possa deliberare senza ricorrere ad organi rappresentativi intermedi non ha funzionato nella Roma dei social media come nell’agorà Grecia classica. La manifestazione diretta di ciascun individuo sarebbe la migliore forma di partecipazione, in teoria. Fallì ad Atene.

Si è invece affermata la convinzione che potesse funzionare con lo sviluppo di tecnologie che consentono a ciascuno di informarsi e quindi esprimersi in tempo reale. Così, infatti, si stanno modificando sempre di più i meccanismi di funzionamento della politica. In pochi secondi possiamo sapere quale è il sentimento della popolazione, quale è la problematica di quel momento. Possiamo soprattutto consultare il popolo per verificare quale risposta a quel determinato problema risponda meglio al sentimento popolare. Il rischio quindi, perché di rischio si tratta, e’ che al politico interessi più sapere come la pensano i suoi elettori quanto trovare la soluzione migliore. Una volta l’elettorato e il suo rappresentante condividevano un ideale, oggi il politico risponde ad un sentimento che, come i fatti dimostrano, non è frutto di un pensiero ragionato, ma il risultato di un’emozione generata da un bombardamento di informazioni che quasi sempre non risponde ad un approccio scientifico ai problemi.

Dovrebbe già questo essere un allarme sufficiente a farci riflettere sul rapporto tra elettori e loro rappresentanti. Non conta più l’idea con cui affrontare il mondo, ma il sentimento frammentato di come l’elettore interpreta il mondo attraverso la lettura confusa che ne fanno la rete e i media. I grillini si sono fatti promotori della democrazia diretta, convinti che il malfunzionamento della politica fosse da attribuire al rapporto storicista tra oppressi e oppressori (onesti e delinquenti nel caso italiano) e non ai comportamenti dei singoli individui e alla loro responsabilità di costruire rapporti di libera convivenza.

La democrazia diretta ha amplificato il fallimento dello storicismo consegnando nelle mani di una rivoluzione telematica il tentativo di sovvertire le sorti del mondo. I grillini hanno votato, rifocillando il proprio sentimento di rivalsa ma senza un’idea comune di speranza per l’avvenire. E come fu per i marxisti che applicarono il marxismo – pensiero criticabile ma serio – la democrazia diretta, il volere emotivo del popolo, ha finito per produrre una gerarchia di sprovveduti incapaci di rispondere a qualsiasi esigenza che il convivere richiede, e quindi ha dovuto ricorrere al comando di un gruppo che il popolo acclama ma che si è calato dall’alto, come nelle migliori dittature. Il fallimento della democrazia diretta è a Roma come a Torino dove il successo del Sindaco Appendino non è da attribuire al popolo ma alle scelte di un’élite culturale ed economica a cui lei stessa appartiene. Lo stesso vale per Milano dove gli esiti sono stati diversi perché la cultura milanese, ben radicata ai principi del Liberalismo, ha aiutato i cittadini a non cascare nel tranello del voto diretto.

La tentazione che sia il popolo ad intervenire su tutte le questioni è oggi molto forte ma non abbiamo prove che ne confermino la bontà.

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