Infrastrutture, comuni e il rilancio necessario.Stefano Cianciotta per Il Messaggero

La definizione del dossier sulle Zone Economiche Speciali che dovrà essere presentato al Governo dopo la progettazione dell’Arap; la gestione della ricostruzione, la cui governance potrebbe cambiare con l’uscita di scena del Commissario De Micheli dopo la debàcle nazionale del Pd; la risoluzione di 109 crisi industriali, 14 delle quali riguardano delle multinazionali; il rilancio dell’occupazione dopo i segnali positivi di fine 2017; l’analisi e la verifica delle opportunità per le Pmi abruzzesi del Fondo per la crescita del Sud che mette a disposizione un plafond di 150 milioni per sostenere l’internazionalizzazione e l’innovazione delle aziende meridionali con operazioni di private equity.

Sono tante le sfide che attendono l’Abruzzo nel 2018, alle quali vanno aggiunte quelle “ordinarie” sulle progettazioni del Masterplan e sulla programmazione dei Fondi comunitari, che hanno evidenziato la fragilità della giunta regionale, la cui rendicontazione dei Fondi Fer-Fesr è praticamente ferma al palo dopo tre anni e mezzo come è stato acclarato di recente dal Comitato di Sorveglianza.

Una mole notevole di azioni strategiche, che contribuiranno a ridisegnare il volto dell’Abruzzo dei prossimi 15 anni. Un insieme di azioni che però alla base hanno una grande incognita: si andrà a votare ad autunno 2018 o alla scadenza naturale nel giugno del 2019?

L’elezione di D’Alfonso al Senato ma soprattutto una disfatta con proporzioni così ampie del Pd, apre di fatto degli interrogativi enormi sulla fase di transizione che dovrà essere gestita dal vicepresidente della Regione Lolli (che è anche assessore allo Sviluppo Economico).

Dossier così impegnativi, infatti, non ammettono enti gestiti a mezzo servizio, o peggio una fase di stand-by che potrebbe rivelarsi gravosa perché le altre Regioni del Sud (si pensi a Campania e Puglia già avanti nella progettazione delle rispettive Zes portuali) avrebbero un vantaggio competitivo in fatto di programmazione che rischia di allungare la distanza tra l’Abruzzo e il resto del Meridione, divario che nei fatti già esiste come ha dimostrato il recente report dello Svimez. Per programmare interventi che avranno una ricaduta significativa sul tessuto economico regionale, infatti, occorre un esecutivo forte, in grado di interloquire con il Governo anche nella gestione difficile delle crisi industriali.

La fase di transizione dell’esecutivo Lolli, invece, nasce con il vento contrario, e soprattutto minata dalle tensioni pre e post elettorali della stessa maggioranza di centrosinistra. L’Abruzzo, insomma, arriva alle sfide economiche d’autunno con un esecutivo debolissimo e con una demarcazione sempre più evidente tra il dinamismo della costa e l’isolamento delle aree interne. E per i potenziali investitori, che potrebbero essere attratti dalle opportunità fiscali della Zona Economica Speciale (che deve però essere ancora progettata), questa informazione sarebbe un pessimo biglietto da visita.

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