L’Italia deve avere un ruolo nel Mediterraneo. E se la portualità indicasse la strada?Articolo di Stefano Cianciotta

Il Mar Mediterraneo e l’Italia sono sempre di più il crocevia delle nuove sfide energetiche che contrapporranno Europa, Russia, Israele e Paesi Arabi. Mentre in Puglia si inasprisce il conflitto sul punto di approdo di Tap, a Tel Aviv il via libera a EastMed rilancia nei fatti l’ipotesi di utilizzo del gasdotto Poseidon di Edison a Otranto.

 

Il primo paper che l’Osservatorio nazionale sulle infrastrutture ha presentato al Cnel nel marzo del 2018 è stato dedicato alle infrastrutture digitali e al tema delle Smart Valley, che non sembra essere ancora al centro del dibattito italiano. In altre realtà europee e internazionali, invece, è già oggetto di riflessione, analisi e sperimentazione. C’è bisogno pertanto di stimolare un percorso strutturato che avvii anche in Italia la costituzione di un ecosistema positivo e dinamico di relazioni ed interconnessioni. Le problematiche legate al cambiamento tecnologico stanno impattando gli assetti sociali, demografici, economici ed istituzionali a livello globale.

Per questi motivi anche in Italia il concetto di Smart Valley, che supera la logica territoriale dei distretti industriali e delle smart cities, sembra risultare la soluzione più adeguata per rispondere a queste sfide, poiché rappresenta il giusto equilibrio tra una pianificazione urbanistica intelligente, che utilizzi in maniera sostenibile le risorse naturali, e la valorizzazione del capitale umano di chi vive ed opera nelle nuove comunità digitali, che sono sempre più ampie ed articolate.

Per raggiungere questo traguardo, come abbiamo scritto nel nostro studio I-Volution, Italia che Innova (ottobre 2018), il nostro Paese deve investire 3 punti di Pil ogni anno fino al 2030. Un’azione che garantirà una crescita aggiuntiva all’Italia che può valere fino a 8/10 punti di Pil all’anno. La sfida che attende l’Italia, però, è soprattutto culturale. Occorre, infatti, modificare la percezione delle infrastrutture, perché quando si fanno ecosistema, non solo costituiscono un progetto economico fondato sul mercato, ma si trasformano in un progetto sociale, che dà forma e sostanza all’intero ecosistema.

In questo quadro, l’infrastruttura portuale può rivelarsi risorsa strategica per l’Italia, dove sperimentazioni interessanti utilizzando il 5G e l’IoT stanno avvenendo al Porto di Bari, a Livorno e a Napoli. Tutta la portualità delle regioni meridionali potrà avere un ruolo decisivo grazie alla misura di sviluppo della Zona economica speciale, sul quale occorre accelerare anche in funzione di un nuovo ruolo strategico che la portualità italiana può giocare nella disputa energetica del Mediterraneo.

La connessione ultraveloce diffusa e l’IoT fanno emergere nuovi paradigmi per la movimentazione delle merci, che viaggiando da un hub all’altro, creano le condizioni per il “crowdshipping delle consegne” abilitato dalla blockchain, dall’automazione dei veicoli, dai camion platooning, e dalla transizione verso Industry 4.0; un vero cambiamento culturale nella logistica.

La coniugazione di cemento e sensori, ad esempio, sta consentendo al Porto di Rotterdam di essere uno dei porti più intelligenti al mondo in grado di garantire una serie di servizi innovativi, tra i quali la spedizione connessa. Il coordinamento e lo scambio di informazioni avvengono in modo efficiente e semplice tramite il Port community system (Pcs) di Portbase. L’autorità portuale di Rotterdam ha firmato un accordo di cooperazione con la startup blockchain olandese CargoLedger, al fine di utilizzare la sua tecnologia per il tracciamento dei cargo.

Il Mediterraneo e l’Italia sono sempre di più il crocevia delle nuove sfide energetiche che contrapporranno Europa, Russia, Israele e Paesi Arabi. Mentre a San Foca, in Puglia, si inasprisce il conflitto sul punto di approdo di Tap, a Tel Aviv il via libera a EastMed, il più grande gasdotto sottomarino del mondo che dovrebbe portare nel nostro Paese il gas naturale off shore dei giacimenti di Israele e Cipro, rilancia nei fatti l’ipotesi di utilizzo del gasdotto Poseidon di Edison a Otranto.

Il progetto EastMed prevede una porzione di 1.300 chilometri offshore e altri 600 onshore, che trasferirà, secondo le previsioni, la commercializzazione delle riserve energetiche scoperte da Israele nell’Est del Mediterraneo, attraverso Cipro e Grecia fino all’Italia.

Il gasdotto EastMed renderà Italia ed Europa meno dipendenti da Russia e Paesi Arabi. L’intesa che hanno raggiunto Grecia, Italia, Cipro e Israele per la costruzione dell’infrastruttura che collegherà per la prima volta le riserve di gas dello Stato ebraico ai tre Paesi, è destinata pertanto a cambiare gli equilibri dello scacchiere energetico mondiale, con l’Italia e l’Europa sempre meno dipendenti dalla Russia. Il gasdotto, che avrà un costo superiore ai 7 miliardi di dollari, avrà ripercussioni anche sull’influenza araba in Europa, e di fatto inserisce Israele nel grande risiko dell’energia.

L’infrastruttura trasporterà il gas estratto dai giacimenti israeliani e ciprioti nel Levante fino ad Otranto, passando per Creta e la Grecia. EastMed prenderà avvio a circa 170 chilometri dalla costa meridionale di Cipro.

I lavori per la realizzazione del progetto dovrebbero concludersi in 5 anni. L’Unione europea ha già investito 100 milioni di dollari in uno studio di fattibilità per il progetto, che presenta importanti sfide tecniche dovute alle profondità dell’opera.

La realizzazione del gasdotto e le nuove alleanze energetiche che ne deriveranno, cambieranno i rapporti forza all’interno dello scacchiere energetico mondiale. Se da una parte, infatti, l’Europa sarà sempre meno dipendente dalla Russia, dall’altra questa influenza costituirà un contrappeso al potere arabo, e va ad inserirsi nella complessa dinamica delle infrastrutture energetiche in fase di realizzazione tra il Caspio e l’Europa.

A fine 2019, infatti, dovrebbe essere completato anche il Nord Stream 2, che dovrebbe vantare una capacità totale di 55 miliardi di metri cubi di gas all’anno. Il percorso dovrebbe affiancare quello dell’attuale Nord Stream, attraversando la Federazione russa, la Finlandia, la Svezia, la Danimarca (che non ha ancora dato parere positivo alla costruzione dell’opera) e la Germania. Il percorso bypassa l’Ucraina e tutti i problemi che Mosca ha con Kiev: ed è proprio questo che non convince i Paesi europei e gli Stati Uniti.

Per tutte queste ragioni l’Europa, la cui miopia ha già regalato il Pireo in Grecia alla Cina, deve tornare ad investire sullo sviluppo infrastrutturale del Mediterraneo.

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