Un Nuovo Bipolarismo?Lo scenario politico di Lorenzo Castellani

C’è un nuovo bipolarismo che avanza e che in queste settimane sembra prendere sempre più forma nella politica italiana. Non più una competizione tra destra e sinistra, ma una divisione diversa, capace di sbiadire molto gli stessi concetti di destra e sinistra, tra partiti tradizionali e partiti sovranisti/anti-establishment.

Nei giorni scorsi sono accaduti due fatti interessanti: l’incontro (smentito ma probabile) tra Casaleggio Jr e Matteo Salvini e lo spostamento sul fronte anti-immigrazione del Movimento 5 Stelle. Se la prima convergenza, quella tra Partito Democratico e Forza Italia, è in piedi da oltre tre anni e continua, nonostante le interruzioni, a funzionare (come mostrano le intese sulla legge elettorale proporzionale), la seconda grande convergenza, quella tra Movimento 5 Stelle e Lega Nord, inizia a delinearsi con più chiarezza in queste settimane e si articola su tre punti:

  1. Lotta all’immigrazione;
  2. Abolizione della Legge Fornero;
  3. Rifiuto delle regole europee.

A cui si aggiunge una corrispondenza di sensi in chiave anti-concorrenziale, anti-finanziaria (le banche cattive e mal controllate), moderatamente no global (i dazi per proteggere le PMI) e di politica estera (dalla Russia con amore). Sommate questi elementi e potrete anche smettere di pensare che questo sia solo un esercizio di fanta-politica. Se il Movimento 5 Stelle arrivasse primo alle urne la Lega, che sondaggi alla mano vale meno della metà dei grillini, potrebbe essere un alleato prezioso in Parlamento. Le forme dell’alleanza? Difficile delineare se quella leghista potrebbe essere una partecipazione diretta (più complessa) o un sostegno esterno, ma gli ingredienti per un possibile “governo anti-establishment” esistono da tempo e oggi iniziano a svelarsi.

Questa ipotetica comunione d’intenti potrebbe cambiare l’intero asse della politica italiana. Fino ad oggi la stragrande maggioranza di studiosi e commentatori non prendeva sul serio l’ipotesi della coalizione “populista” che diventa, progressivamente, sempre più probabile. Lo schema centrodestra, centrosinistra e Movimento 5 Stelle a fare da “polo isolato” andrebbe in soffitta per essere sostituito da un grande centro di partiti moderati da un lato e la “cosa sovranista-populista” dall’altro. Una sfida che, con una legge proporzionale, si giocherebbe all’ultimo seggio in Parlamento tra le due nuove potenziali coalizioni. Con questo sviluppo, nonostante la legge elettorale proporzionale, un nuovo bipolarismo verrebbe di fatto a determinarsi. Una divisione che avverrebbe anche qualora PD e Forza Italia avessero saldi numeri per governare: all’opposizione resterebbero due forze principali con programmi fotocopia, Lega Nord e Movimento 5 Stelle.

Cosa succederebbe se si verificassero queste condizioni? Il centrodestra come lo abbiamo conosciuto, ovvero una coalizione tra diversi partiti tenuto insieme da Berlusconi, diventerebbe il bottino da spartire tra i due nuovi blocchi bipolari. Forza Italia, o ciò che ne resterà, finirà nel grande centro a trazione PD mentre Fratelli d’Italia e Lega Nord entrerebbero nell’orbita 5 Stelle. Game over. La sinistra fuoriuscita dal PD dovrebbe fare una scelta in questa situazione soprattutto se fosse il Movimento 5 Stelle ad avere i numeri per formare un governo (sostenuto dalla Lega). Partecipare o meno? Senza la partecipazione, anche solo parlamentare, ad un “governo del cambiamento” (copyright Bersani 2013) con i grillini verrebbero schiacciati, e i loro consensi riassorbiti, dal PD. Al contrario, se prevalesse la coalizione Nazarena la sinistra potrebbe tranquillamente scegliere se chiamarsi fuori o, qualora risultasse fondamentale a livello numerico per reggere un governo, partecipare all’esecutivo.

E il Partito Democratico? Renzi ha perso oramai l’occasione per trasformarlo in qualcosa di diverso e diventerà un partito sempre più di centro e sempre meno di sinistra cercando di tenere insieme una coalizione complessa che dovrà probabilmente andare da Pisapia a Berlusconi. Il cambio repentino del Segretario PD che passa disinvoltamente in poche ore dal teorizzare l’alleanza con il Cavaliere a quella con Pisapia sono un segnale delle difficoltà politiche dei democratici in uno scenario siffatto.

Molti, di fronte a queste capriole politiche, si sono interrogati: e il programma politico di Renzi? Il programma non esiste perché si va verso una grande ammucchiata al centro quindi non ci si può avventurare in programmi per il Paese che rischiano di scontentare i potenziali alleati. Sul punto ha ragione Giuliano Da Empoli quando nel suo ultimo saggio sul Movimento 5 Stelle mente in evidenza come, nel medio-lungo periodo, le barricate anti-populisti non reggeranno se fondate solo sulle convergenze parlamentari. Se non c’è un programma, allora non c’è un’idea di Paese, quindi non c’è un’anima politica e senza questa non c’è la leva emozionale (unica cosa che conta oramai) per conquistare gli elettori. Chi pensa di imitare la cavalcata di Macron mettendo insieme un grande centro da Pisapia al Cavaliere rischia di illudersi. Così come s’illude chi (leggere Renzi e i suoi) pensa di poter battere i grillini sul terreno dell’anti-politica o dell’assistenzialismo. Il PD potrà forse, se le elezioni vanno bene, formare un governo ma non placherà l’ascesa dei nuovi partiti e difficilmente potrà imporre delle riforme al Paese. Senza una serie di “bombe ideali” (quindi mediatiche ed emotive) da diffondere tra i cittadini si è condannati all’insuccesso. Queste bombe ideali si estinguono quando si imitano goffamente gli avversari o si passa il tempo a scegliere gli alleati. Macron ha vinto perché nuovo, credibile e soprattutto capace di sostenere ragioni diametralmente opposte a quelle dei suoi avversari principali con la medesima forza ed efficacia presso il popolo.
E’ un populista di diverso tipo (un “tecno-populista” o un “populista positivo” per chi lo guarda con speranza). Riconoscete nella coalizione Pisapia-Renzi-Berlusconi qualcuno di questi elementi?

La risposta è no, per questo servirebbe un movimento (e un leader) nuovo per sgonfiare i sovranisti, superare e rimpiazzare i partiti tradizionali.

Ad oggi il nuovo bipolarismo è solo un’ipotesi, le cui probabilità di verificarsi però crescono. Se si legge oltre i vecchi schemi si può notare come su molti temi forze politiche di storia, estrazione, schieramento diverso sostengano proposte uguali con toni simili. Tra quei partiti una convergenza non può essere esclusa al momento del bisogno, cioè di un patto per il potere. Certo le elezioni sono ancora lontane e Salvini, ad esempio, potrebbe essere pressato dai governatori regionali (Zaia e Maroni) e ricondotto al dialogo con il Cavaliere. Oppure, più probabilmente, nei 5 Stelle potrebbe prevalere la “linea Casaleggio” della non-alleanza con nessuna delle altre forze politiche. Tuttavia, un Parlamento proporzionalizzato è un saloon in cui tutto può succedere: si arriva coalizzati e ci si divide poi o si arriva divisi e ci si coalizza poi. Nel frattempo, però, la bussola delle idee politiche segna già un nuovo bipolarismo.

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