Educazione: Dobbiamo Tornare ad InvestireL'idea di Competere

L’estate è agli sgoccioli, i giovani rientrano dalle vacanze e si preparano ad un nuovo anno scolastico. Un anno scolastico che di nuovo ha solo la data, mentre per il resto tutto rimane immobile: sono le solite lezioni, con i soliti programmi, nelle solite aule.

L’ultima analisi condotta dall’OCSE sulla qualità e sull’incisività dell’istruzione nei Paesi membri, restituisce un quadro piuttosto cupo circa il profilo italiano. I dati relativi all’Italia mostrano, infatti che la spesa per l’istruzione è diminuita significativamente dal 2008 al 2014. Nel 2013 la spesa totale (pubblica e privata) per l’istruzione è stata fra le più basse dei paesi presi in esame dall’analisi, cioè pari al 4% del PIL rispetto ad una media OCSE del 5,2%.

Si potrebbe pensare che un così basso livello di spesa pubblica per l’istruzione sia riconducibile ad un basso livello di spesa pubblica in generale, ma non è così: a partire dal 2013 all’istruzione italiana è stata attribuita una quota di bilancio esigua rispetto ad altri settori, stanziando il 7% della spesa pubblica dedicata a fronte di una media OCSE pari all’11%.

Tutto questo è in rotta di collisione con una realtà: l’investimento in istruzione produce rendimenti elevati, tanto per chi ne beneficia quanto per l’economia in generale, infatti un maggiore livello di istruzione dovrebbe avere effetti positivi sulla crescita dell’intero sistema e produrre migliori opportunità per tutti.

In Italia, l’ultimo tasso registrato di ingresso degli studenti in un corso di laurea di primo livello è del 37%, mentre i giovani laureati, tra i 25 e i 34 anni, non trovano facilmente lavoro e registrano un tasso di occupazione pari al 62% contro una media OCSE dell’83%. Oltretutto, più di un terzo dei giovani tra i 20 e i 24 anni sono giovani che non lavorano, non studiano e non seguono una formazione.

Probabilmente a fare da ponte tra la mancanza di investimenti e la sfiducia negli esiti, conta anche la struttura della domanda: complice la crisi, il nostro sistema produttivo non ha necessità di professionalità tali da giustificare investimenti in termini di impegno nello studio e di risorse finanziarie. Se è vero che un sistema di piccole imprese specializzate in settori tradizionali tende ad investire meno in acquisizione di capitale umano, è altrettanto vero che questo è uno dei più evidenti limiti del nostro sistema produttivo. Il compito della politica economica è quello di contrastarli con decisione, non di assecondarli con morbidezza.

E nasconderci dietro alla solita considerazione per cui è difficile trovare le risorse finanziarie, è solo una mezza verità. Gli investimenti e gli orientamenti in tema di istruzione devono essere guidati dall’importanza dei processi di sviluppo. La cattiva abitudine a fare cassa riducendo la spesa per l’istruzione può creare spazio ad altre voci di spesa, ma nel lungo periodo avrà effetti negativi sulla crescita, danneggiando tutti.

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