Industria 4.0 in Legge di Bilancio: occhio alle competenze o si rischia un flopL'EDITORIALE DI GIACOMO BANDINI PER AGENDADIGITALE.EU

La Fase2 del Piano nazionale doveva essere dedicata alla creazione delle skill per Industria 4.0 di cui l’Italia è sempre stata carente. La risposta del Governo è stata proseguire sulla vecchia strada degli incentivi per gli investimenti fissi nei macchinari e meno risorse alla formazione. I rischi di questo approccio

opo essere scomparsa dai radar nell’ultimo anno e mezzo, l’Industria 4.0 sembra essere tornata una priorità per il nuovo Governo PD-5Stelle che vuole rilanciare il Piano nazionale di sostegno al cambiamento tecnologico.

Il problema è che, per quanto apprezzabile il tentativo di riportare attenzione alle politiche industriali, le nuove misure sembrano una minestra riscaldata – poco a dire il vero – della Fase1 promossa dall’allora Ministro Calenda. Il sistema di innovazione italiano avrebbe bisogno di stimoli nuovi – e soprattutto delle competenze adeguate – per poter procedere verso una maggiore produttività delle proprie risorse e di venire incontro alle esigenze tecniche di cui l’automazione necessita per poter essere sfruttata a pieno.

Nella Nadef (Nota di aggiornamento del documento di economia e finanza 2018) che traccia le linee programmatiche del Governo giallo-rosso, l’esecutivo confermava la sua volontà di sostenere il Piano Impresa 4.0. Maggiori dettagli sono contenuti nel Documento Programmatico di Bilancio 2020. Al suo interno si trovano fondamentalmente due ordini di politiche: una a sostegno degli investimenti materiali, una a sostegno delle competenze.

Riguardo la prima sono previsti le seguenti misure:

  • Nuovi indefiniti investimenti per il Piano ‘Impresa 4.0’, le Strategie nazionali sulla tecnologia Blockchain e sull’Intelligenza Artificiale e la sperimentazione del 5G;
  • Erogazione del voucher per le PMI per le prestazioni di consulenza finalizzate a implementare i processi di trasformazione tecnologica e digitale nell’ambito del Piano nazionale ‘Impresa 4.0’.
  • Estensione al dell’iperammortamento fino al 2022 con una supervalutazione del 170% degli investimenti in beni nuovi strumentali ad alto tasso tecnologico e del Superammortamento, con una valutazione del 130% degli investimenti nei beni strumentali generici;
  • Possibilità di usufruire di una supervalutazione del 140% per gli investimenti in beni strumentali immateriali (software e sistemi IT).

Per quanto concerne le competenze 4.0, è stata prevista una proroga del credito di imposta per la formazione digitale nell’ambito del Piano ‘Impresa 4.0’.

Questo impianto è stato riconfermato nella bozza della Legge di Bilancio attualmente circolante con l’unica differenza della restrizione temporale che vede la proroga non più su base triennale, ma su base annuale come richiesto – a quanto pare – dal Ministero dell’Economia e delle Finanze.

Quale problema è rimasto? Quello delle competenze.

La Fase2 del Piano doveva essere dedicata alla creazione e alla diffusione delle skill per l’Industria 4.0 di cui l’Italia è sempre stata carente. I successivi governi, però, non hanno portato avanti alcuna iniziativa per la realizzazione di questa linea strategica, lasciando la il Piano incompleto. E questo è evidente dai dati sulla presenza di specialisti ICT nelle aziende di tutte le categorie (piccole, medie e grandi) che rimangono tra i più bassi in Europa e nei Paesi OECD. Le aziende lamentano una carenza di manodopera qualificata per gestire i nuovi processi automatizzati e innovativi da anni.

La risposta del Governo giallo-rosso alle richieste dell’industria è stata proseguire con la vecchia strada, lastricata di incentivi per gli investimenti fissi nei macchinari, e limitare l’intervento per la formazione. È prevedibile che in un sistema di imprese con scarsa propensione a formare internamente i dipendenti, aumenti il ricorso a soluzioni provvisorie ed esternalizzate (consulenze, impieghi temporanei specializzati) che peraltro vengono incentivate dalla politica stessa con l’introduzione di un voucher per le prestazioni esterne.

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