L’EUDR rischia di diventare un esercizio di burocraziaDI PIETRO PAGANINI

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L’ultimo intervento di Pietro Paganini, pubblicato sull’HuffPost, si concentra sulle criticità dell’attuazione dell’EUDR, il regolamento europeo contro la deforestazione, mettendo in discussione un approccio che rischia di penalizzare più che promuovere la transizione sostenibile.

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Negli ultimi giorni, una serie di sviluppi ha sollevato dubbi sulla reale capacità dell’EUDR, il regolamento europeo contro la deforestazione, di entrare in vigore in modo efficace e condiviso. Questa incertezza rende le istituzioni europee meno credibili e costa alle imprese, che si trovano in un limbo normativo.

L’EUDR sarebbe dovuto entrare in vigore il 30 dicembre scorso, ma l’inizio è stato posticipato di un anno per consentire a imprese e Paesi esportatori di adeguarsi alle nuove regole europee.

A sorpresa, la Commissione europea ha pubblicato con quasi un mese di anticipo (ma con un anno di ritardo rispetto alla tabella di marcia originaria) la classificazione dei Paesi in base al rischio di deforestazione, etichettandoli da “basso” ad “alto”. Questo strumento dovrebbe indicare il livello di controllo richiesto per l’importazione di materie prime. In realtà, si sta rivelando un indicatore reputazionale, più che operativo. E la comunicazione anticipata ha innescato forti reazioni da parte dei Paesi classificati come “standard-risk”, che contestano criteri poco chiari e sospettano valutazioni più politiche che tecniche.

Intanto, una parte del Parlamento europeo – sostenuta da pressioni americane e da gruppi imprenditoriali, ha rilanciato la richiesta di un rinvio. Propone l’introduzione di una categoria “rischio zero”, regole semplificate per le PMI e il riconoscimento delle certificazioni già esistenti.

Il dibattito si è acceso anche nell’ultimo Consiglio AGRIFISH, dove ministri guidati da Lussemburgo e Austria hanno chiesto maggiore flessibilità. La Commissaria Roswall ha difeso la linea attuale, ma resta il dubbio: si tratta di convinzione autentica o di una posizione attendista, in attesa di un intervento della Presidente von der Leyen e del suo capo di gabinetto?

Le richieste per una nuova guida, più chiara e concreta, si moltiplicano. E si fa sempre più evidente che molte autorità nazionali non sono pronte: alcuni Stati membri, Italia inclusa, non hanno ancora recepito formalmente il regolamento.

Eppure, molte imprese hanno già investito in tracciabilità e riorganizzato le proprie filiere. Il settore dell’olio di palma, per esempio, è oggi tra i più avanzati sul fronte della trasparenza. Sforzi concreti che andrebbero riconosciuti, non frustrati da una regolamentazione caotica e contraddittoria.

Proteggere le foreste è un obiettivo comune. Ma l’attuazione dell’EUDR, così com’è, rischia di danneggiare proprio chi dovrebbe essere protagonista della transizione. È un’occasione mancata. E sì, la Commissione dovrebbe assumersi la responsabilità di non aver saputo costruire uno strumento chiaro, efficace e comprensibile.

Una via d’uscita però c’è, ed è sorprendentemente semplice: rinviare le sanzioni, dare tempo alle imprese per adeguarsi e coinvolgere tutti gli attori nella transizione. Restare nel limbo non serve a nessuno. Il rischio? Che il regolamento venga abbandonato. Sarebbe il fallimento di sei anni di lavoro. E una sconfitta per tutti.

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