- 14 October 2025
- Posted by: Competere
- Category: Lidea
Perché Margaret Thatcher, nata un secolo fa, ha cambiato il mondoL'IDEA DI LUCA BELLARDINI
Sostiene la vulgata che poche figure nella storia recente si sono mostrate «divisive» quanto Margaret Thatcher. Ma può una figura autenticamente “politica”, votata cioè a diffondere e attuare idee dai contorni ben definiti, riuscire a non dividere l’opinione pubblica? La risposta, a mio avviso, è negativa. Su questo punto, d’altronde, il modus operandi della Lady di Ferro era di per sé chiarissimo: il compromesso — ancorché talvolta inevitabile, sulla scorta di circostanze oggettive — era visto come qualcosa da rifuggire; convincere gli altri della bontà della propria visione, invece, era la rotta su cui occorreva tenere la bussola.
Dai “trenta gloriosi” al declino britannico
There is no alternative (TINA), diceva spesso Thatcher: «Non c’è alternativa». In verità, poiché la politica è pur sempre fondata sulla scelta, di opzioni ce n’erano eccome; ed ella le vedeva chiaramente, ché i governi da cui era stata preceduta erano andati in tutt’altra direzione. Nei cosiddetti «trenta gloriosi» di una politica economica fondata sui principî keynesiani (1945-75), i due partiti principali — laburista e conservatore — avevano sostanzialmente concordato sull’idea di un’economia di mercato assai cauta e temperata, con un ruolo preminente dello Stato anche in settori non “strategici” ma abbastanza grandi da suggerire che, anche per finalità di cattura del consenso, fossero inglobati nel settore pubblico e sottoposti a una gestione orientata non necessariamente alla generazione di profitti ma, piuttosto, alla difesa dei livelli occupazionali (a scapito dell’inflazione).
I valori che rimisero in piedi il Regno Unito
Poi sarebbe arrivata lei, portatrice di un concetto semplicissimo che in troppi avevano deliberatamente eluso: «Non esistono “i soldi pubblici”», era il suo mantra, «ma quelli dei contribuenti». Non sprecare i denari altrui, non “sprecare” sé stessi e la propria vita; ma (ri)alzarsi dalle difficoltà, proprio come il Regno Unito piagato dalla crisi; far prevalere sempre il senso di responsabilità, contro ogni lassismo e giustificazionismo del declino. L’idea di una Gran Bretagna «alzati-e-cammina», che non chiedesse altro se non lealtà alla Nazione, impegno quotidiano e responsabilità individuale. Una Gran Bretagna che fornisse non prebende ma gli strumenti per farsi da sé, affinché ognuno potesse rivelarsi — nel proprio piccolo — «un capitalista» reso più forte dal lavoro, dallo spirito patriottico e magari religioso, dalla proprietà immobiliare e azionaria; in breve, da un diritto che per anni era stato coartato: quello di arricchirsi, non solo materialmente ma anche sul piano sociale e culturale («Lasciate che i vostri figli crescano alti, anche più degli altri se ne sono capaci»).
Perché ricordarla, a un secolo dalla nascita?
Anche a molti fra i Tories, dunque, le idee thatcheriane apparivano assurde e non in linea coi tempi. Ma se oggi la celebriamo — a un secolo dalla nascita, il 13 ottobre 1925 — è perché la Lady di Ferro ha lasciato un’impronta indelebile, capace di acquisire significati sempre nuovi nonostante i mille cambiamenti. Non solo ha influenzato le policy del suo Paese almeno fino alla crisi finanziaria globale del 2007-2009; non solo è ormai riconosciuta come uno dei leader storicamente più autorevoli — se non il più autorevole — del movimento conservatore moderno, seppur si registrino alcune differenze di vedute (anche sostanziali) fra la versione anglosassone e quella dell’Europa continentale. Questo basterebbe, di per sé, a giustificarne un ricordo ampio, approfondito, addirittura celebrativo anche per chi non ne condividesse l’afflato ideale.
La lungimiranza e le lezioni della Lady di Ferro
C’è tuttavia di più. Soprattutto in politica estera, la Lady di Ferro ebbe intuizioni straordinarie che almeno a partire dall’inizio del Millennio si sarebbero rivelate purtroppo corrette; realtà drammatiche con cui ancora oggi l’Occidente deve fare i conti. Ella dette comunque l’esempio: in pochi oggi comprenderebbero l’importanza di sostenere l’Ucraina contro l’invasione su vasta scala perpetrata dalla Russia, se non ricordassero la caparbietà con cui Londra inviò una task force per ripristinare la sovranità e l’integrità territoriale del Regno Unito minacciata non nella sua mainland, ma in uno sparuto gruppetto di isole fredde e scarsamente abitate nel cuore dell’Oceano. Come pure sarebbe stato facile, oggi, vedere l’Europa e gli Stati Uniti divisi da una rottura epocale, alla luce dei nuovi standard tariffari nel commercio internazionale, se la Lady di Ferro non avesse contribuito a forgiare la special relationship transatlantica che dura tutt’oggi, a prescindere dal succedersi dei governanti. Per non parlare dell’Europa orientale che oggi — con l’eccezione di Mosca e dei suoi satelliti — gode di una libertà e un ritmo di sviluppo economico impensabili quando erano ancora sottoposti al giogo comunista. Insomma, come minimo dobbiamo a Thatcher il mondo in cui viviamo, che senza le sue riforme e il suo protagonismo avrebbe oggi un volto assai diverso.
L’economia è importante, ma non è tutto
E poi, ovviamente, le questioni economiche. Ma è giusto che, nel celebrare questo centenario, il ruolo di primo piano spetti ad altri temi: non perché abbiano ragione (tutt’altro!) quei critici che la accusano di aver distrutto le comunità locali con vari provvedimenti, tra cui la chiusura delle miniere di carbone (a dire il vero, fu tra i primi leader autenticamente ambientalisti!) e quello che viene etichettato tout court come «liberismo selvaggio», reo di aver alimentato la bolla esplosa oltreoceano nel 2008. Ma perché, in realtà, era la stessa Thatcher a circoscrivere l’importanza dei suoi interventi in materia di bilancio, valuta, mercati: «l’economia è soltanto il mezzo», disse «per cambiare la mente e l’anima». Libertà, intraprendenza, responsabilità, probità nell’amministrare le finanze della famiglia e della Nazione non erano concetti derivati da complesse teorie economiche; erano, al contrario, valori che ella sentiva istintivamente, grazie all’educazione ricevuta nella provincia inglese e all’idea che tutti — anche partendo, come lei, da origini modeste — possono raggiungere le vette più alte delle società libere.
Perché Thatcher ha cambiato il mondo: il volume che ne racconta l’eredità
Nell’agile volume La donna che ha cambiato il mondo. Margaret Thatcher e la sua eredità, appena uscito per Liberilibri con la prefazione di Federico Carli, sei autori hanno provato a raccontare gli aspetti più significativi delle convinzioni e delle azioni della Lady di Ferro: dal clima culturale della sua epoca e le sue capacità comunicative (Elvira Cerritelli) alla straordinaria evoluzione che ella impresse nel panorama delle ideologie (Domenico Maria Bruni), dal ruolo che l’ispirazione religiosa ebbe nel forgiarne la visione del mondo (Daniele Meloni), da un’ampia ricognizione delle sue politiche fiscali e monetarie (Cosimo Magazzino) alle novità in materia di finanza e privatizzazioni, anche rispetto all’industria della difesa (chi scrive). L’auspicio, ovviamente, è che possa essere utile a un dibattito sincero, proficuo, senza pregiudizi: mi sembra che di recente diverse tragedie, purtroppo, ci abbiano ricordato quanto è importante.