PMI: gli Ostacoli al Lavoro 4.0

L’idea di Competere

Come tutte le rivoluzioni anche quella dell’Industria 4.0 determinerà notevoli cambiamenti sociali. A partire dal mercato del lavoro. Secondo il World Economic Forum, entro il 2020 a fronte di 7,1 milioni di posti di lavoro persi ne saranno creati appena 2 milioni di nuovi. La responsabilità di questo saldo negativo macchine è delle macchine, o meglio, della digitalizzazione dei processi – smart manufacturing.

Non deve essere così. Infatti, l’automazione è parte del più ampio processo di innovazione che dovrebbe favorire la domanda e di conseguenza l’offerta in settori più svariati, alimentando l’occupazione appunto. Non sono passaggi così automatici, però.

In Italia la questione si complica ulteriormente. L’ossatura operaia delle nostre imprese sta cambiando: negli anni ‘50 il rapporto era cinque operai per ogni impiegato; negli anni ‘90 il rapporto era di due ad uno. Considerando l’intero settore manifatturiero italiano, comprese le PMI che occupano il 55% della forza lavoro, gli operai sono circa i due terzi del totale, e ci sono realtà dove il rapporto si è invertito. Il nostro non è un paese digitale, ancora. Cosa succederà quando le PMI cominceranno a digitalizzarsi?

L’industria 4.0 può offrire incredibili opportunità, e il Piano Nazionale del Governo non sembra tenere troppo in considerazione l’impatto occupazionale che potrà avere sulle PMI. Parte delle nuove competenze che si possono acquisire sul posto di lavoro, con opportune politiche interne di riqualificazione, dovranno seguire due vettori principali: un miglior collegamento tra università e lavoro, in modo da aiutare gli studenti ad entrare in contatto con il mondo dell’impresa e viceversa; riqualificare coloro che stanno già lavorando, accompagnandoli con l’acquisizione di soft skill minimi di base.

Tuttavia esiste una parte della manifattura, l’advanced manifacturing, che continuerà a crescere anche in termini di occupazione. Ma è un’occupazione che favorisce chi ha un’istruzione terziaria o terziaria avanzata piuttosto di chi ha la licenza media. Tuttavia, la frazione di advanced manifacturing sul totale dell’occupazione della manifattura tradizionale in Italia rimane bassa. Sono parti della manifattura che si fanno con ricerca, sviluppo e investimenti, richiedono competenze e dimensioni adeguate. Elementi che escludono di fatto molte delle nsotre PMI.

Proprio per questo non deve essere sottovalutato lo sforzo congiunto tra le Piccole e Medie Imprese e il Governo per l’attuazione delle best practice, a partire dalla scuola e dall’università. Sempre secondo l’analisi del World Economic Forum, il 65% dei bambini che iniziano oggi il loro ciclo di studi è destinato a trovare un lavoro che oggi ancora non esiste. Come sostengono Stefano Cianciotta e Pietro Paganini in Allenarsi per il Futuro, questi bimbi cambieranno tra i 5 e i 7 lavori.

Uno dei punti del Piano Nazionale Industria 4.0 riguarda proprio la creazione di centri di competenza: la loro scelta dovrà chiaramente ricadere sulle competenze territoriali specifiche peccato che la Legge di Bilancio 2017 non preveda un’allocazione diretta di risorse per la loro creazione.

La quarta rivoluzione industriale non è più una questione di se ma di quando. L’Italia si trova ancora in posizione arretrata nel confronto internazionale in termini di connettività, capitale umano, uso di internet, servizi pubblici digitali. Per recuperare occorre ancora uno sforzo significativo per ridurre il gap rispetto agli altri paesi, sfruttando un migliore coordinamento a livello centrale e una maggiore informazione per le PMI circa le opportunità a loro disposizione.

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