«Sicurezza» Transatlantica: costruire insieme oltre il commercioL'IDEA DI LUCA BELLARDINI

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Nelle ultime settimane, l’economia americana ha dovuto fare i conti con diversi indicatori d’allarme. Le stime preliminari indicano un PIL del primo trimestre 2025 in calo dello 0,3% rispetto al precedente. L’S&P 500, il principale indice azionario, aveva superato i 6mila punti nella prima metà di febbraio, subito dopo l’insediamento della nuova amministrazione; alla fine di aprile – poco dopo lo scoccare dei famosi «cento giorni» – era appena sopra 5.500. Nello stesso arco di tempo, il valore del dollaro è calato da circa 96 centesimi di euro a poco più di 88. Per chi dall’Eurozona abbia investito negli Stati Uniti, dunque, sono state settimane difficili.

OLTRE LA GLOBALIZZAZIONE: L’OCCIDENTE ALLA RICERCA DI UN NUOVO EQUILIBRIO

Com’era lecito attendersi – e, secondo Trump, ampiamente previsto – il maggiore contraccolpo finanziario si è avuto fra il 2 e il 4 aprile scorsi, all’indomani dell’aumento dei dazi cosiddetti «reciproci» e, in generale, del marcato cambio di paradigma nell’economia internazionale impresso dal tycoon. È stato definito Liberation Day, con riferimento al vecchio mondo in cui la globalizzazione avrebbe arricchito altre nazioni – segnatamente Cina, Canada, Messico – e impoverito gli USA.

Con ogni evidenza, nello status quo ante qualcosa non funzionava. Indubbiamente, alcuni Paesi hanno approfittato dell’attaccamento occidentale alla libertà, ai diritti umani, financo al rispetto dell’ambiente. La globalizzazione ha “accorciato” la storia, consentendo passi giganteschi in tempi rapidissimi: nei «mercati emergenti» magari tutto è avvenuto in trenta, quarant’anni al massimo, e sulla base di forti spinte esterne.

Peraltro, la visione di Trump e del movimento MAGA ha radici lontane, politiche assai più che economiche, e consiste nella riscrittura dell’ordine mondiale di cui il commercio è soltanto un pilastro (non l’unico). Nonostante la “crisi esistenziale” nelle relazioni transatlantiche, l’Europa ha seguito finora – e a ragione – un approccio diverso. Il governo italiano ha contribuito a plasmare la strategia continentale: nelle ultime settimane Giorgia Meloni è stata protagonista di alcuni eventi diplomatici di rilievo, riuscendo a costruire con successo quel “ponte” tra due mondi – oggi in apparenza molto distanti – che era stato giustamente auspicato.

DALLE CRISI AL RATING: LA LEZIONE SILENZIOSA DEI MERCATI

Poi c’è il fronte finanziario: nelle democrazie, i mercati riescono spesso a ricondurre alla ragione chi esercita il potere in maniera avventata, come Liz Truss nel 2022. Alcuni commentatori hanno notato che lo stesso potrebbe dirsi di Trump, sebbene questa “correzione” nel prezzo delle attività finanziarie abbia suscitato un clamore politico più contenuto. A ben guardare, è vero anche l’opposto: i mercati premiano le nazioni con esecutivi stabili, che agiscono con prudenza e visione. Lo dimostrano i recenti progressi nel giudizio delle agenzie di rating sul debito italiano, dopo anni in cui – a partire dalla crisi dei debiti sovrani – politiche fiscali scellerate avevano portato a un’ingiusta sottovalutazione del merito creditizio.

DALL’AMERICA FIRST A UN TREND GLOBALE: IL RITORNO DEL PROTEZIONISMO

Nelle prossime settimane, dunque, cosa farà la presidenza americana? Mettiamo le cose in una prospettiva un po’ più storica: sì, Trump è stato – in campagna elettorale e nei primi cento giorni – un acceso protezionista, sulla carta intransigente; ha puntato sia alla svalutazione del dollaro, per rilanciare l’export e ridurre il deficit commerciale, sia a un allentamento più rapido della politica monetaria, per rifinanziare a tassi vantaggiosi l’enorme stock di debito pubblico. Ma questo significa che egli ha agito – in maniera coerente – per riportare negli Usa quei flussi di capitale che negli ultimi anni avevano costituito investimenti diretti esteri in uscita, soprattutto verso i mercati emergenti. Questa però non è una novità, né tantomeno un unicum.

Molti Paesi avanzati hanno seguito un approccio simile, come gli Stati Uniti con le precedenti amministrazioni: Biden ha firmato i provvedimenti (Acts) dedicati a Inflation Reduction e CHIPS and Science; ancora prima, Bush figlio e Obama avevano adottato una postura abbastanza rigida su aliquote doganali e sulle clausole dei trattati commerciali, quantomeno per alcuni prodotti (es. acciaio e alluminio) e nei comparti strategici per la sicurezza nazionale. E l’Europa? Secondo Mario Draghi, si è di fatto “messa i dazi da sola” scatenando un’alluvione di regole per tirar su barriere indirette, non tariffarie, di cui oggi paga in parte le conseguenze anche in termini di crescita debole, asfittica.

DIFENDERE LA GLOBALIZZAZIONE, SENZA INGENUITÀ

Da questi cento giorni, alla fine, abbiamo imparato che ridurre l’economia internazionale a un derby fra mercantilisti e globalisti non giova a nessuno, tantomeno al mercato in sé. Un Occidente diviso è un favore ai BRICS, con la loro velleità di un sistema monetario alternativo a quello fondato sul dollaro (e sull’euro, e sullo yen). Il circuito finanziario internazionale è già policentrico: se rublo e yuan non hanno un ruolo marcato non è certo a causa di un “complotto plutocratico” ordito dalle “democrazie imperialiste”, ma delle gravissime violazioni dei valori liberali – sul piano umanitario, sociale, economico – di cui le autocrazie, in primis la Russia, si macchiano ogni giorno.

L’Ue ha saggiamente evitato di insistere sui “controdazi” e anzi sembra muoversi verso un futuro a maggiore intensità di capitale e parziale reindustrializzazione. A fare da traino dovrebbero essere gli investimenti nella difesa, che declinano il concetto di «sicurezza» nelle sue diverse accezioni: militare, energetica, cibernetica, alimentare. Se questo sforzo fallisse, a rimetterci saremmo davvero tutti: rischierebbe di uscirne sconfitto quel grande moto rivoluzionario – la globalizzazione fondata sul capitalismo – che, nonostante i suoi innegabili difetti, ha sottratto alla miseria centinaia di milioni di persone in tutto il mondo. L’Occidente fa bene a essere generoso: stia attento, però, a non lasciarsi ingannare da chi vuole distruggerlo.

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