Transizione energetica: tanti investimenti, pochi risultatiL'IDEA DI MONICA TOMMASI*

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In occasione della giornata della Terra, sarebbe opportuna una riflessione sulla questione climatica e la transizione energetica. Sono passati ormai 28 anni dal primo Protocollo di Kyoto (1997) e da allora il cambiamento climatico è diventata la prima emergenza ambientale.

Sono stati spesi, solo nell’ultimo decennio, secondo il rapporto annuale sull’energia di JP Morgan, 9 miliardi di miliardi di dollari a livello globale per energia eolica, solare, veicoli elettrici, accumulo di energia e reti elettriche.

Ma, nonostante questi investimenti colossali, la quota di energia rinnovabile nei consumi finali è aumentata solo dello 0,3%-0,6% all’anno.

Guardando le figure sotto, ci ritroviamo nell’ennesimo anno (2023) in cui, nonostante la capacità installata solare ed eolica aumenti molto e gli investimenti green sovrastino quelli fossili, le emissioni di CO2 aumentano comunque all’impazzata arrivando a 37,79 miliardi di CO2 e le fonti fossili coprono ancora l’81% dei consumi totali, come quaranta anni fa. Ma quello che deve farci preoccupare è la loro crescita enorme in termini assoluti.

Inoltre, dovremmo anche investigare quante di queste emissioni siano generate dall’industria verde considerando che in Cina la produzione di acciaio e cemento diminuisce ma il consumo di carbone aumenta e la Cina detiene il mercato mondiale dell’industria fotovoltaica, eolica e delle batterie. Un tema trattato sul nostro giornale L’Astrolabio.

Per quanto riguarda l’Italia abbiamo analizzato, in occasione della nostra XVI Conferenza Nazionale per l’efficienza energetica, alcuni indicatori per misurare il conseguimento degli obiettivi del PNIEC per il 2030 e, per esempio, sarebbero necessari 2400 anni per raggiungere il livello di penetrazione elettrica del 27% indicato nel Piano oppure 55 anni per arrivare al 61% di fossili nel mix energetico (oggi stiamo intorno all’80%). Questi risultati ci offrono un’indicazione significativa del grado di inefficacia delle politiche finora praticate e basate sulle rinnovabili intermittenti (eolico e fotovoltaico). Questo ci fa anche capire che non è questa la strada per la transizione e che queste tecnologie non solo non riescono a sostituire le fonti fossili ma neanche a soddisfare i nuovi fabbisogni di energia. Infatti, anche nel 2023, a livello globale, i consumi totali di energia primaria sono cresciuti del 2% rispetto all’anno precedente. Anche le rinnovabili sono cresciute, ma il loro contributo è cresciuto dello 0,4%, il restante 1,6% è stato coperto dalle fonti fossili. Dunque, nonostante le bollette di famiglie e imprese continuino ad aumentare a causa degli incentivi alle rinnovabili, il loro ruolo rimane molto marginale.

Dobbiamo avere il coraggio di dire che questa non è la strada giusta per ridurre le emissioni. Infatti, mentre le emissioni diminuiscono nei Paesi avanzati, aumentano nei Paesi in via di sviluppo. Ormai l’Europa contribuisce solo per il 7% alle emissioni globali e l’Italia per lo 0,7%. Per riuscire ad abbassare le emissioni a livello globale, bisogna smettere di sprecare risorse in Europa per fonti rinnovabili inutili e dispendiose e occorre spostare gli investimenti verso i paesi del Sud del mondo che hanno bisogno di energia per raggiungere gli standard minimi di benessere.

 

* Monica Tommasi è Presidente dell’Associazione Amici della Terra. 

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