Venerdì 23 febbraio, Competere ha partecipato al Festival del Giornalismo Alimentare con il Presidente Pietro Paganini – vai al sito –  che è intervenuto nel panel dedicato al tema delle etichette “senza”, come per esempio “senza OGM” o “senza olio di palma”. Di seguito un piccolo riassunto del suo intervento.

La storia delle etichette si è recentemente evoluta, facendole diventare un importante strumento commerciale (secondo il principio delle 5P del marketing). È cambiato profondamente anche il comportamento dei consumatori oggi sempre più consapevoli ed informati su ciò che mangiano e sulle scelte che compiono tra gli scaffali dei supermercati. Le persone cercano rassicurazioni e informazioni accurate per quanto attiene all’alimentazione e oggi le aziende utilizzano le confezioni quale mezzo per infondere fiducia e convincimento e catturare i potenziali consumatori.

Non tutto è oro però quello che luccica. Perché? Perché alcune aziende usano in modo poco corretto l’etichettatura fornendo informazioni distorte o completamente false. Ad esempio è stata introdotta in modo compulsivo la dicitura “senza olio di palma” ovunque, anche dove prima non veniva usato, per convincere il consumatore che il prodotto sia migliore in assenza di questo ingrediente. Non viene invece indicato con cosa è stato sostituito né se la sua sostituzione ha apportato effettivamente un beneficio. E spesso quest’ultima condizione non si verifica.

Anche le etichette “senza glutine” vengono spesso utilizzate in modo puramente commerciale tanto da catturare molti più consumatori rispetto all’effettivo numero di persone celiache. Perché? Semplicemente viene fatto credere ai consumatori che il “senza glutine” sia meglio. Ovviamente è falso, ma a livello di puro marketing ha funzionato molto bene. Quindi? Attenzione alle etichette “senza”. Possono essere ingannevoli.