La Caccia alle Streghe. Perché i fatti non ci interessano piùL'IDEA DI GIAMMARCO BRENELLI

La tendenza a spettacolarizzare il dibattito pubblico alla ricerca di consenso fine a sé stesso ha lasciato completamente da parte uno dei principi fondamentali del metodo liberale (sperimentale), i fatti, per concentrarsi sulla caccia alle streghe e il consenso fine a sé stesso. Come è possibile recuperare un sistema che non fa più affidamento sulle evidenze e il ragionamento complesso?

Varie sono le componenti del grande abbaglio collettivo in corso – tv, social, calo della lettura, degrado della scuola e analfabetismo di ritorno – per cui il dibattito pubblico prescinde dai fatti. 

CHI HA PAURA DEL MES?

Si prenda la discussione sul MES, che secondo il gruppo dei terrapiattisti, no-vax e isolazionisti, non è un prestito decennale di trentasette miliardi a tasso quasi nullo, ma una sorta di commissariamento dell’Italia. Di qui l’evocazione di incubi “greci” e il patriottismo delle parole semplici: si pensi a Conte, avvocato del popolo, che affermava “o l’Europa fa come vogliamo o facciamo da soli”. Cosa intendeva? Forse stampare nuovamente la Lira? Magari con la sua fotografia?

Ma prescindere dai fatti non è malattia di pochi, si prenda il caso della criminalità, evocata sempre come crescente, mentre secondo l’Istat diminuiscono i reati e, per esempio, gli omicidi che fanno titoloni sui telegiornali, sono diminuiti sin dagli anni ’90, mentre il calo continua “con forte decremento in alcune regioni meridionali, che le avvicina ai tassi del resto d’Italia”.

Si dovrebbe così aprire una riflessione su una classe giornalistica protesa alla ricerca del sensazionalismo e del consenso verso sé stessa.

MAFIA E CACCIA ALLE STREGHE

Altra questione la lotta alla mafia, che ormai crea carriere giornalistiche e politiche (determinando continue riforme legislative poi estese ad altri fenomeni), mentre essa, rispetto alle stragi e al potere sul territorio di 20/30 anni fa, è in obiettivo declino.

Per chi cerca di ragionare, come faceva Sciascia, bersagliato in vita e figuratamente bruciato sul rogo per la denuncia dei professionisti dell’Antimafia, scatta il meccanismo della caccia alle streghe, ove l’accusa di eresia o di diversa opinione diventa lo strumento comodo per liberarsi dei fatti, liquidare l’avversario e confermare i nuovi poteri. Più che i fatti, valgono le parole d’ordine di volta in volta sempre buone, e dunque “Libertà” (“Oh libertà, quanti delitti commessi in suo nome”, pronunciava madame Roland dal patibolo), e così via, basta appellarsi a “Moralità” e “Onestà”, per poi accusare un singolo a caratteri cubitali screditandolo per sempre, al di là di sentenze faticose e ragionate, che vengono dopo.

NUOVI POTERI, VECCHIE ABITUDINI

Rimane il ricorso alla scorciatoia dei valori indiscutibili per i nuovi poteri, come accade per un Di Matteo e un Bonafede, che bisticciano senza che la lotta alla mafia c’entri qualcosa. E così ancora, il fatto della scarcerazione operata da giudici – e non da Bonafede – di tre anziani boss al 41 bis, agli arresti domiciliari per accertate ragioni di salute, vale come incubo fantasmatico, strumentalizzato per ben pagata carriera.

Tornare ai fatti, documentarsi, con difficoltà e ragionamento, rinunciare ai roghi.

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