Competenze, il Nodo da Sciogliere per RipartireL'idea di Competere

Nonostante la ripresa economica, la performance dei nostri principali indicatori è timida. A fronte dei miglioramenti nei tassi di occupazione, la produttività è rimasta stagnante anche a causa di:

  • un basso livello di competenze;
  • una debole domanda di competenze avanzate;
  • un uso limitato delle competenze disponibili.

La politica delle competenze deve essere considerata una priorità per l’intero paese in modo da favorire una crescita che sia tanto sostenibile quanto inclusiva in tutto il territorio nazionale.

Competenze insufficienti. Attualmente l’Italia è intrappolata in un low-skills equilibrium ossia un basso livello di competenze generalizzato: una situazione in cui la scarsa offerta di competenze è accompagnata da una debole domanda da parte delle imprese. Infatti all’interno delle stesse aziende le modeste skill di manager e lavoratori si combinano con bassi investimenti in tecnologie e con la mancata adozione di pratiche che ne migliorino la produttività.

Competenze squilibrate. Il fenomeno dello skills mismatch – che si verifica quando le competenze di un lavoratore non sono allineate con quelle richieste per compiere uno specifico lavoro –  è estremamente diffuso in Italia. Malgrado i bassi livelli di competenze che caratterizzano il parco lavoro italiano, i lavoratori con competenze in eccesso rispetto al proprio ruolo sono l’11,7% mentre i sovra-qualificati sfiorano il 20%.

Pochi laureati. 26,2% è la percentuale italiana di persone tra i 30 e i 34 anni in possesso di una laurea, secondo le rilevazioni Eurostat. Peggio di noi solo la Romania. In questa fascia d’età si trovano i giovani che hanno iniziato, verosimilmente, gli studi universitari tra 5 e 10 anni fa, cioè prima che scoppiasse la crisi economica. Che tale percentuale, riferita al 2016, sia comunque la più alta degli ultimi anni per il nostro Paese potrebbe essere dovuto al fatto che si tratta di un dato pre-crisi. Se per il futuro non è possibile fare previsioni attendibili, è comunque più che lecito dubitare che il numero dei giovani laureati possa crescere significativamente nel corso dei prossimi dieci anni.

Riequilibrare la domanda e l’offerta delle competenze richiede che le istituzioni nel settore dell’istruzione e della formazione siano più reattive ai cambiamenti, che ci siano politiche per il mercato del lavoro più efficaci, e un uso migliore di strumenti di valutazione e analisi dei fabbisogni di competenze attuali ed emergenti.

Nel frattempo, restiamo in attesa.

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