Gli italiani hanno bisogno di un coach?L'IDEA DI FREDERICK DOOLEY

Sono passati poco più di due anni dall’inizio della pandemia e da qualche mese è scoppiato un conflitto in Europa che coinvolge una potenza nucleare come la Russia. Sembra utile osservare e riflettere su quali siano le percezioni emotive più diffuse e che cosa questo voglia significare per il presente e l’immediato futuro di ciascuno di noi e della società in cui viviamo. Sarà un modo per riaffermare come la consapevolezza e la responsabilità individuale siano alla base di ogni prospettiva di crescita umana individuale e collettiva che possa definirsi veramente tale e all’insegna della libertà.

I PAESI PIÙ FELICI 

Ogni anno la Gallup produce una classifica dei paesi più felici. Per farlo utilizza, oltre a interviste in tutto il mondo anche dati basati su alcuni criteri: la percezione che le persone hanno di loro stessi, la presenza di emozioni positive e negative; inoltre, vengono presi in considerazione il Pil pro capite, il supporto sociale, le aspettative di vita in salute, la libertà di fare le proprie scelte di vita, la generosità della popolazione, la percezione dei livelli interni ed esterni di corruzione.

Negli ultimi anni la Finlandia, la Danimarca e la Svizzera sono risultate tra le prime tre in questa classifica.

Tali classifiche intendono superare quelle graduatorie basate esclusivamente sul prodotto interno lordo e offrire ai decisori politici spunti per l’elaborazione di politiche che vadano oltre l’aspetto economico.

Si tratta di un tentativo di illustrare quali siano le possibilità, ma allo stesso tempo (non si comprende se volutamente), i limiti delle politiche pubbliche. Infatti, tale classifica è anche un invito ad osservare come siano gli individui i veri protagonisti della loro crescita come persone e nelle comunità in cui vivono e non dipendano dal favore estemporaneo di un benevolo potere politico ed economico.

Certamente a giocare un ruolo importante sono gli aspetti culturali radicati in ogni società.

COME SI POSIZIONA L’ITALIA?

È interessante notare in questo aspetto, come l’Italia, uno dei paesi industrializzati parte del G7, sia al 28° posto, posizionandosi subito dopo l’Arabia Saudita.

Ad aggiungersi a questo, per l’Italia, nei risultati di alcune ricerche demoscopiche ricorrenti, l’indice delle emozioni sperimentate dai campioni intervistati negli ultimi anni vedono una predominanza dell’incertezza, seguita da rabbia e tristezza mista alla speranza.

Curiosamente, Elon Musk, l’uomo più ricco del mondo, ha twittato di recente le stime di un calamitoso calo demografico dell’Italia entro il 2070. Il suo post aveva l’intenzione di mostrare i rischi di un repentino calo demografico rispetto a coloro che supportano politiche di controllo demografico.

Come se non bastasse, Transparency International, posiziona l’Italia al 42° nella classifica di percezione della corruzione.

Non si può non ricordare come il numero di italiani giovani che lasciano il paese per trovare lavoro verso Regno Unito e paesi dell’Unione europea sia in continuo aumento anche nel periodo di covid. Secondo la Fondazione Migrantes gli italiani emigrati sarebbero più di 5,6 milioni, lo stesso numero di immigrati residenti in Italia.

Questi ed altri elementi già conosciuti mostrano un ambiente, quello della società italiana, che sembra alimentare la sfiducia di chi ci vive e lavora.

Mostrano, però, anche il tentativo dei singoli italiani di vivere una vita piena e maggiormente soddisfacente per se stessi e il loro cari. Tuttavia, non è detto che questo avvenga sempre per vari motivi: di natura pubblicistica/collettiva/istituzionale/aziendale come la legislazione generale, le prassi della burocrazia e dei tribunali, i limiti dimensionali delle imprese, una cultura manageriale verticistica, o per articolate vicende storiche che hanno inciso sulla cultura collettiva. Oltre a questi, vanno citati i limiti individuali alla crescita, che impediscono la crescita del potenziale di ognuno che spesso si trovano in convincimenti di non essere in grado di poter raggiungere i propri sogni, anzi spesso sono così radicati dall’essere in grado di spegnere la capacità di sognare se non all’interno del canone del conformismo del momento, forse per paura di essere esclusi socialmente e coinvolti in conflitti interpersonali. Quello che è successo durante la pandemia dimostra, purtroppo, che non sono timori infondati.

FELICITÀ: LA LIBERTÀ DI SCEGLIERE 

Motivi di speranza? La felicità è, spesso, sperimentata dalle persone, riprendendo così uno dei criteri per stilare la classifica della felicità, come la possibilità di scegliere da soli cosa fare della propria vita. Implica autonomia, ma soprattutto responsabilità delle proprie scelte. Sapere che la conoscenza che si ha disposizione o che si può acquisire con lo studio e l’esperienza, può cambiare il modo della propria esistenza è per molti esilarante. Alla base di questa conoscenza vi è, necessariamente, una consapevolezza percepita come veritiera della propria condizione attuale e un’aspettativa di come la propria vita potrebbe, invece, essere. Tuttavia, sia la responsabilità che la consapevolezza implicano che ci sia un rischio di commettere errori. Se qualcuno vuole vivere avendo responsabilità e consapevolezza si rende in fretta conto che non esiste il rischio zero, né per sé né per gli altri. Il che implica l’impossibilità di evitare il conflitto con gli altri e richiede la capacità di sapere gestire i conflitti basata sulla comprensione reciproca.

Ma in una bolla informativa e sociale che marchia l’errore e chi lo commette come indice di eresia e meritevole dell’esilio se non della “cancellazione”, anziché comprenderne l’ineluttabilità e necessità a livello collettivo per adattarsi all’ambiente, che lezioni si possono apprendere per dare una nuova prospettiva al desiderio di crescita degli italiani?

Se guardiamo al passato glorioso della penisola italiana e dei suoi abitanti possiamo notare come la bellezza abbia motivato artisti e molti statisti. La fede religiosa ha plasmato le vite di molteplici generazioni di persone, più o meno semplici, veicolando generosità e compassione verso i poveri e infermi. L’amore e la passione hanno riempito i cuori di giovani e meno giovani nel creare famiglie, per molti la realtà relazionale più importante della propria esistenza. Il coraggio e l’ambizione hanno mosso le azioni di esploratori e imprenditori. La laboriosità e l’intraprendenza è stata dimostrata nei tempi recenti del boom economico. Queste virtù storicamente radicate, ma diversamente distribuite, nella penisola e nell’essere umano possono essere una risorsa nel risveglio dal letargo in cui si sono cacciati gli italiani

IL COACHING 

Sir John Whitmore, uno dei fondatori della pratica del coaching, affermava che la responsabilità è una scelta, e quella scelta implica libertà.

Agli italiani, intesi come singoli individui, pare sia necessario offrire delle sessioni di coaching per fare riscoprire che dentro di loro risiedono quelle energie, non solo per sentirsi liberi e responsabili di scegliere cosa fare della loro vita, accettandone il rischio, ma di sapere e di essere fiduciosi che queste loro continue scelte sono foriere di cose buone e giuste. Le scelte alla base delle loro azioni hanno la possibilità di essere il cambiamento nella direzione di un futuro prospero, sia materialmente che spiritualmente, e il marchio di una esistenza pregna di significato per loro stessi e di chi gli sta attorno, non un’autostrada che porta dritto ad un inferno dantesco in cui si lascia indietro ogni speranza, in cui si ritiene di avere trovato la radice di tutti i mali e l’origine dell’errore, come il luogocomunismo dominante spesso ripete. È curioso, tra l’altro, notare che, spesso, coloro che, da posizione di autorità politica e civile, parlano contro la libertà, sminuendola o facendone una caricatura, cerchino meccanismi di esclusione dalla (propria) responsabilità.

Forse per iniziare questa sessione due domande che ci potremmo porre tutti sono: cosa mi fa sentire vivo veramente? Che sacrifici sono disposto a fare per vivere in quel modo?

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