Il TAP pugliese salva le nostre scorte di gasL'IDEA DI STEFANO CIANCIOTTA

Le parole con le quali il Managing Director di TAP, Luca Schieppati, ha annunciato l’aumento della capacità del gasdotto di 1,2 miliardi di metri cubi all’anno, con l’obiettivo di raddoppiare la portata della pipeline entro il 2027 a 20 miliardi di metri cubi, mettono una pietra tombale sui tanti no che hanno ispirato il dibattito sulla decrescita negli anni recenti. 

SECONDA FONTE DI APPROVVIGIONAMENTO        

Il TAP nell’anno più difficile per l’Italia sotto il profilo dell’energia, è divenuta infatti la seconda fonte di approvvigionamento del nostro Paese dopo l’Algeria, e garantisce all’Italia il 15% del suo fabbisogno di gas. L’Azerbaigian, inoltre, ha dimostrato di essere un fornitore strategico e affidabile, e ha assicurato un risultato importante per la sicurezza delle forniture e la competitività dell’industria italiana ed europea.

SUPERATO IL FRONTE DEL NO     

Sembra passata un’era geologica dall’ascesa e dal consolidamento mediatico e politico di personaggi come Di Battista, Di Maio, Fico, Lezzi o Taverna, che avevano fatto del no alle grandi opere uno dei temi principali dell’antipolitica del Movimento Cinque Stelle

La base del M5S, del resto, ha attinto proprio dal movimentismo contro le grandi infrastrutture come la No TAV Laura Castelli, viceministro dell’Economia, o la No TAP Barbara Lezzi, ministro per il Sud, che in campagna elettorale promise in caso di vittoria la trasformazione dell’Ilva di Taranto in un allevamento di cozze.

QUALCOSA È CAMBIATO     

Da allora il mondo è cambiato almeno due volte, a causa della pandemia e del conflitto ucraino che hanno imposto in ambito produttivo nuove catene del valore.

In quegli anni Giuseppe Conte parlava genericamente di Green New Deal, che da un punto di vista concreto non significa nulla, perché non offre alcuna prospettiva agli investitori potenziali. 

E intanto mentre i suoi Governi avevano scelto di bloccare il rilascio delle autorizzazioni alle imprese che volevano estrarre gas in Italia, dal 2019 le riserve adriatiche di idrocarburi sono estratte da Croati, Greci, Albanesi e Montenegrini, le cui imprese operano appena qualche metro più in là del confine italiano. 

La Puglia proprio su temi sensibili come Xylella, TAP e Ilva, ha sperimentato prima che altrove i guasti e i danni prodotti dalla teorizzazione della decrescita e della società orizzontale del M5S, con l’esproprio della politica, la delegittimazione dei decisori pubblici, il disprezzo delle competenze e la derisione della scienza.

MA QUANTO È COSTATO?

L’opposizione iniziale dei sindaci dei Comuni salentini a qualsiasi azione di negoziazione sul TAP (94 sindaci su 97 scrissero allora al presidente della Repubblica Mattarella per bloccare l’opera), è costata peraltro a quei territori 25 milioni di investimenti in progetti proposti proprio da TAP, a oggi rimasti lettera morta.

IL TAP SERVA DA ESEMPIO 

Oggi tutti rivendicano ed elogiano il contributo del TAP alla sicurezza energetica italiana. La lezione che dobbiamo trarne però è che sulle infrastrutture strategiche il Paese non può scendere a compromessi. 

Vale per TAP, così come per altre necessarie infrastrutture lineari realizzate e gestite da Terna e Snam, non ultimo il metanodotto Linea Adriatica, che ha trovato finora l’estenuante quanto insensata opposizione nei territori dell’Italia centrale, e che invece consentirà al Paese di gestire efficacemente la nuova direzione dei flussi da Sud a Nord, per trasformare l’Italia nell’hub e nel gatekeeper strategico dell’energia nel Mediterraneo.

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>> Articolo pubblicato su Il Tempo << 

Image credit: TeleAmbiente <<<

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