Le regole del caosL'IDEA DI GIORGIO ARFARAS

Le regole del caos. Riflessioni sul disordine economico mondiale è il libro di Giorgio Arfaras, pubblicato da Paesi Edizioni. Mercoledì 17 maggio, alle ore 18:30 Competere ne ospita la presentazione a Milano, presso il Circolo de Amicis. Con l’autore, dialogano Giammarco Brenelli e Pietro Paganini. Modera Antonio Picasso. Di seguito anticipiamo “La Trama”.

Nel film di Woody Allen Midnight in Paris il protagonista, grazie a un buco nella continuità del tempo, a ogni scoccare della mezzanotte può tornare nella Parigi degli anni Venti, dove incontra uno dopo l’altro gli artisti che hanno reso leggendaria la capitale francese. A un certo punto, però, quando ha la possibilità di restare nella Parigi di allora insieme ai grandi personaggi che ha amato e di cui subisce il fascino, gli sorge un dubbio: «Come si curavano i denti?» si domanda. Fra Picasso e l’odontoiatria preferisce il secondo e torna al mondo d’oggi.

C’è chi, e non sono pochi, preferisce il passato, non quello spumeggiante degli anni Venti, tanto meno quello oscuro degli anni Trenta, ma quello del Secondo dopoguerra – gli anni della nascita dello Stato sociale con annessa odontoiatria moderna. Questo periodo, durato dal 1945 al 1975, ha il nome, coniato in Francia, dei «Trenta Gloriosi».

La politica europea del dopoguerra era centrata sull’idea che lo Stato dovesse innescare e guidare processi di modernizzazione volti a liquidare la miseria e l’ingiustizia, e a favorire la diffusione di una cittadinanza garantita con le prestazioni sociali. E con il tempo è nato lo Stato sociale. Seguendo tale idea, lo Stato socialeriuscito a sradicare il dualismo di élite e popolo, ma solo quello con le caratteristiche dei secoli precedenti.

Come è normale che accada, sono poi emersi degli effetti collaterali, che hanno contribuito a creare nuovi problemi. Come la divaricazione tra i lavori che richiedono un grosso investimento in capitale umano, e quelli che non lo richiedono: i primi sono ben pagati, i secondi si avvicinano ai salari di sopravvivenza, seppur da Paesi ormai ricchi. La diseguaglianza aumenta. Ecco che c’è chi desidera il ritorno al passato e invoca il ritorno dei «sacerdoti», coloro i quali si occupano del bene altrui rinunciando al proprio, che poi sono i politici coadiuvati dagli economisti quando riportano in carreggiata l’economia grazie alla spesa pubblica.

Quanto alla Cina e alla Russia, i giganti dell’autocrazia, non sono su un piano di parità. Non lo sono mai stati, e hanno sempre giocato a ruoli invertiti. Fino agli anni Settanta la Cina era il «cugino povero» dell’Unione Sovietica. Dagli anni Novanta, grazie al notevole sviluppo, legato all’ingresso nel commercio internazionale e al trasferimento della tecnologia occidentale, e in presenza di una urbanizzazione che ha coinvolto i contadini a centinaia di milioni, la Cina è invece diventata il «cugino ricco» della Russia.

Negli anni Trenta, ai tempi della sua industrializzazione, l’Unione Sovietica non fu accolta nel commercio internazionale, e neppure ci fu un trasferimento significativo di tecnologie occidentali; probabilmente perché, a differenza di quanto accaduto poi con la Cina, a quei tempi si temeva il progetto di sovversione universale del proletariato.

L’Occidente oggi ha isolato la Russia per l’aggressione all’Ucraina, con Mosca che si deve pertanto rivolgere alla sola Cina per avere supporto. Anche se, così facendo, non potrà che diventare, per l’enorme disparità di potenza in campo economico, il suo «junior partner». Detto in maniera colorita, si avrebbe in questo modo una sorta di «autarchia delle autocrazie».

Se le cose andassero davvero così, la Russia, per effetto dell’aggressione all’Ucraina, avrebbedunque perso il treno occidentale, scivolata nelle mani della maggiore potenza orientale. Con buona pace della sua aquila bicefala, che guarda sia a Occidente sia a Oriente, come quella di Bisanzio.

La Cina a sua volta deve cambiare modello di sviluppo. L’urbanizzazione soprattutto, e le esportazioni in minor misura, hanno finora trainato lo sviluppo cinese. Ma questo traino ormai non è più sufficiente. La fase di sviluppo successiva richiede alla Cina uno Stato sociale che riduca il risparmio cautelativo, e uno sviluppo del settore tecnologico che richiede uno Stato di diritto. Il vincolo alla crescita successiva, come si vede, è perciò di natura politica.

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