L’Ideologia del “Senza” Ci Toglie la Libertà di SceltaL'articolo di Giacomo Bandini per Affaritaliani.it

Quando il cibo e l’alimentazione vengono scambiati per moda da seguire allora diventano contemporaneamente psicosi. Nel 2017 la moda consolidata è quella del “senza” ossia pubblicizzare l’assenza o la rimozione dai prodotti di un ingrediente, una quantità di un nutriente o una semplice parola di cui non conosciamo spesso nulla. Ma la domanda che inizia a farsi largo è: un prodotto “senza” è migliore degli altri “con”? Ovviamente no, ma questo non importa perché il marketing deve fare vendere.

L’esempio principale è quello del “gluten-free”. Le persone celiache un Italia sono 190.000 secondo i dati diffusi dall’AIC, l’Associazione Italiana Celiachi, ossia lo 0,32% della popolazione. Negli Stati Uniti lo 0,65%. Eppure l’impressione è che il mercato del cibo senza glutine sia molto più esteso e sviluppato rispetto alle basse cifre del numero totale dei celiaci, tanto che il suo valore è arrivato a 300 milioni l’anno complessivamente. Questo perché molte persone che non hanno alcun problema collegato al glutine, ritengono salutare eliminare questo alimento dalla propria dieta.

La medesima cosa è avvenuta con l’olio di palma nel 2016. Nessuno sapeva cosa fosse prima che un’aggressiva campagna politica, prima ancora che commerciale, lo attaccasse duramente. Le aziende, spaventate da una minoranza di attivisti agguerriti, lo hanno prima difeso e successivamente eliminato pubblicizzandola come una scelta salutista. Tutto ciò in assenza di prove scientifico-mediche che sostenessero che l’ingrediente nuocesse alla salute o fosse foriero di patologie. I media, ovviamente, ci hanno messo del loro e il “senza olio di palma” oggi campeggia ovunque. Anche dove prima non c’era mai stato.

Ecco due casi in cui il “senza” è diventata una ideologia. È stata imposta dall’alto ai consumatori per soddisfare una richiesta crescente, di maggiore benessere, e per venire incontro alle loro paure. Il “senza” è tanto rassicurante, quanto ingannevole. Da un lato ci dice che se togliamo qualcosa alla nostra dieta staremo meglio. Dall’altro però non spiega perché lo toglie, con cosa lo sostituisce e secondo quale criterio o processo. Questi concetti sono spiegati efficacemente in alcuni studi scientifici come quello dei ricercatori Privem, Baum, Vieira, Fung e Herbold, “The Influence of a Factitious Free-From Food Product Label on Consumer Perceptions of Healthfulness” e quello realizzato dall’EUFIC (European Food Information Council) intitolato “Consumer Attitudes Towards “Free-From” Labels”.

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