Nuove forme di disuguaglianza in Europa: città vs campagnaL'IDEA DI UMBERTO CUCCHI

Nonostante nel corso degli anni l’Unione Europea sia stato in grado di livellare le disuguaglianze sociali ed economiche tra i suoi membri, si registrano sempre più differenze economiche tra le regioni all’interno degli Stati membri dell’Unione. Come mai? E cosa dovrebbe fare l’UE per rendere l’Europa meno disuguale?

PERCHÉ È IMPORTANTE    Una maggiore e crescente disuguaglianza interregionale è un fattore che allontana i cittadini dalla politica, indebolendo la struttura di un sistema che non riesce a riformarsi.

Il nuovo rapporto European Jobs Monitor 2019: Shifts in the employment structure at regional level confronta i modelli di crescita dell’occupazione in quattro tipi di regioni europee: capitali, agglomerato urbano, regioni parzialmente urbanizzate e rurali, regioni in gran parte rurali. Il report copre più di 130 aree territoriali prendendo in considerazione un periodo superiore ai 15 anni in 9 dei principali paesi europei: Belgio, Repubblica Ceca, Francia, Germania, Italia, Polonia, Spagna, Svezia e Regno Unito.

PAESI PIÙ UGUALI, REGIONI SEMPRE MENO     Se l’Unione Europea è stata in grado di livellare le disuguaglianze economiche tra i propri stati membri con un processo di costante convergenza – soprattutto tra i membri fondatori e i nuovi membri del centro-est Europa – lo stesso non si può dire a livello regionale. Infatti il divario nello sviluppo economico tra i territori interni a molti Stati membri è cresciuto invece che essere diminuito.

DOVE SI CRESCE DI PIÙ?   La crescita della popolazione e dell’occupazione è stata molto più forte nelle regioni delle capitali dei nove paesi presi in esame rispetto agli altri tipi di regioni delle stesse nazioni. Nel periodo 2002-2017, l’occupazione è cresciuta in media del 19% nelle regioni della capitale rispetto al 10-12% delle altre 3 regioni. Le aree metropolitane di Londra, Parigi e Stoccolma, per esempio, rappresentano almeno il 30% del PIL dei rispettivi paesi. Le regioni delle capitali si differenziano per la variegata offerta occupazionale nel settore dei servizi. Se il 75% dell’occupazione nazionale proviene dai servizi, questa percentuale sale ben sopra l’85% nelle regioni delle capitali dei nove paesi.

 

regioni

Fonte: EU-LFS, SES (basato sui calcoli degli autori del report European Jobs Monitor 2019)

Nonostante un miglior tasso di occupazione nelle capitali, esse si caratterizzano per una costante e significativa polarizzazione salariale. L’occupazione ben retribuita e altamente qualificata è infatti cresciuta, allo stesso modo dei lavori a basso reddito. Questa tendenza, però, ha eroso la quota dei lavori mediamente retribuiti, determinando un ulteriore allontanamento dei cittadini dall’arena decisionale ed favorendo l’ascesa dei partiti politici di stampo più “radicale” o estremista, soprattutto nelle aree rurali dei paesi UE.

Uno spiraglio di luce è dato dalla convergenza, in alcune regioni, delle strutture d’impiego verso occupazioni di medio livello ossia mid-paid. È il caso della Polonia dove a una rapida contrazione del settore agricolo polacco (low-paid) nel corso degli ultimi decenni ha corrisposto una crescita dell’occupazione nel settore manifatturiero (mid-paid). Dall’altro canto, i paesi e le regioni in cui il settore manifatturiero si è dimostrato maggiormente resiliente (Repubblica Ceca, Polonia e alcune regioni tedesche) sono quelle in cui l’occupazione mediamente retribuita ha resistito nel modo migliore.

CORREGGERE LE DISUGUAGLIANZE REGIONALI Come dovrebbe muoversi l’Unione Europea per correggere queste disuguaglianze regionali?

  • Policy di investimento. Sotto forma di servizio pubblico all’occupazione, le politiche attive per il lavoro svolgerebbero un ruolo fondamentale nel sostenere una crescita più equilibrata a livello regionale. Posti di lavoro nei settori dei servizi come istruzione, sanità e PA e in alcuni settori manifatturieri tendono ad avere livelli retributivi superiori alla media;
  • Incrementare la mobilità regionale. Incoraggiando la ricollocazione degli individui verso le regioni in declino a livello economico o che hanno subito il cosiddetto spopolamento industriale;
  • Investire nello sviluppo tecnologico delle regioni più rurali. Vista l’esponenziale digitalizzazione dei settori economici, la disponibilità sempre maggiore delle infrastrutture di connessione ad alta qualità, è necessario estendere a tutti i settori i benefici e le opportunità di cambiamento tecnologico che la digitalizzazione offre;
  • Sviluppare il capitale umano. Ad esempio, attraverso il Fondo Sociale Europeo ed il Fondo Europeo di Adeguamento alla Globalizzazione. Le politiche pubbliche dovrebbero adattarsi alle esigenze delle regioni più rurali, riducendo la distanza che si è creata tra gli individui e le istituzioni.
Gli investimenti infrastrutturali forniscono un tessuto connettivo per rafforzare i collegamenti tra diversi tipi di regioni nell’Unione Europea. La politica, in questo caso, può agire efficacemente per mitigare i rischi di un’eccessiva concentrazione delle attività economiche, e quindi dell’occupazione, in alcune aree, riducendo le discontinuità e le disparità territoriali nelle altre. Anche questo fa parte del percorso di ri-accreditamento delle istituzioni comunitarie verso i suoi cittadini che si sentono spesso lontani dal centro delle decisioni.

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