Quanto Pesa la Demografia? Un Confronto Italia FranciaL'Idea di Competere

Nel 2015, per la prima volta dal secondo dopoguerra, la popolazione italiana ha smesso di crescere. Un declino lieve, di per sé, ma preoccupante poiché i dati reali sono leggermente peggiori rispetto alle previsioni. Secondo l’Istat ci separano solo trent’anni dal picco di invecchiamento della popolazione italiana, ossia tra il 2045 e il 2050, quando le popolose coorti dei baby boomers passeranno dalla tarda età lavorativa alla senilità. In poche parole, abbiamo ignorato la demografia troppo a lungo.

Lo scenario futuro è quello di una popolazione che diminuisce ed invecchia, con tutte le implicazioni del caso per il mercato del lavoro. L’età media dei dipendenti è ormai in quasi tutti gli ambiti prossima ai 50 anni ed oltre. Ma lo stupore è degli ingenui:

  • Tra il 2015 e il 2030 ci saranno 5,1 milioni in più di cittadini con età dai 55 anni e più;
  • Mentre i 15-24enni diminuiranno di 2,5 milioni;
  • Oggi ogni 100 lavoratori occupati ci sono 71 pensionati.Teniamo in conto della transizione demografica:

Tra il 2008 e il 2013 è cresciuto di oltre un milione il collettivo di persone al lavoro, soprattutto per il ricambio generazionale;

  • Sono entrate in questa soglia di over 50 le coorti più numerose di alcune generazioni di baby boomers (1958-1946, circa 4,4 milioni di persone che nel 2008 avevano 45-49 anni),
  • Mentre sono andate in pensione persone appartenenti a coorti meno numerose nate tra la fine della seconda guerra mondiale e l’inizio della ricostruzione;
  • Quel milione di over 50 occupati in più non è dunque determinato soltanto dall’innalzamento del requisito per la vecchiaia scattato nel 2012 o dalle restrizioni al pensionamento determinate con la “finestra mobile”.

Proviamo a fare un confronto tra Italia e Francia, due economie per molti versi comparabili, di dimensioni simili (rispettivamente 11,3 e 15% del Pil dell’Ue), con un grado di apertura praticamente identico ed una composizione settoriale del Pil quasi sovrapponibile. Nonostante performance simili, qualcosa inizia a cambiare intorno al 2000. La crescita in Italia rallenta, tra il 2000 e il 2016 si ha un grigio 0,3% annuale, mentre la Francia cresce in media di un punto in più (1,3%). In parte questo differenziale può essere spiegato con la crisi che ha colpito più duramente l’Italia. Diciamo in parte perché già prima della crisi in Francia i consumi aumentavano (2000-2010) più che in Italia, dove le remunerazioni reali rimanevano stagnanti per diminuire dal 2011 in poi.

Tra i fattori strutturali un ruolo importante è giocato dalla demografia: la Francia ha uno dei tassi di natalità più alto d’Europa, l’Italia uno fra i più bassi. Secondo un’analisi francese, se guardiamo alla differente evoluzione del Pil e del Pil pro capite, si stima a circa 0,2% il peso del fattore demografico nello spiegare la differenza della performance.

Il quadro è preoccupante, e per non condannarci al declino economico e all’insostenibilità dello stato sociale, occorre puntare su politiche attive (che oggi non abbiamo) e su piani lungimiranti di rinnovo demografico. Ignorare così a lungo la demografia ha messo a repentaglio il percorso di sviluppo del nostro Paese per molti anni a venire.

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