Robot, Stato & il Governo DraghiL'IDEA DI GIACOMO BANDINI

L’Italia è tra i primi paesi al mondo per utilizzo di robot nella produzione industriale. Tuttavia rimangono forti carenze sul piano della forza lavoro e dell’educazione pubblica. Il ruolo dello Stato può essere importante nel riequilibrare questo gap, senza sovrapporti ai privati. Può il governo Draghi lavorare in questa direzione?

Molti commentatori, esperti, accademici sono spaventati dal rafforzamento della presenza dello Stato nell’economia. Allo stesso tempo esaltano – giustamente – l’adozione di processi industriali più automatizzati e digitalizzati per incrementare i livelli di produttività e competitività dell’Italia. Tuttavia con l’avvento dei robot e dell’intelligenza artificiale si pongono problemi socio-politici che coinvolgono il mondo del lavoro e impongono una riflessione sul ruolo delle politiche pubbliche e, quindi, dello Stato.

PERCHÉ È IMPORTANTE

Tra le conseguenze principali derivanti dalla produzione automatizzata, basata sulle tecnologie più avanzate, come IoT, robot e AI, troviamo:

  1. Il rischio della perdita o della conversione di alcuni posti di lavoro;
  2. La carenza di personale qualificato (skill) per lo svolgimento delle nuove mansioni (task).
SOSTITUITI DA UN ROBOT?

Secondo le più recenti stime internazionali sui livelli di robotizzazione, l’Italia occupa l’undicesimo posto tra le economie più avanzate. Preceduta da altre nazioni come Corea del Sud, Germania, Stati Uniti, Svezia e Danimarca. Il numero di robot ogni 10.000 occupati è di 212 ed è di gran lunga inferiore a Singapore (al primo posto) che invece ne utilizza 918. 

Esiste quindi un fondato pericolo di sostituzione? La risposta non è univoca. Se diversi autori hanno avuto un approccio allarmistico, più recenti analisi hanno sottolineato come l’Italia rispetto all’andamento dei salari e dei posti di lavoro sia addirittura sotto-robotizzata (si veda ITIF 2021) e come la questione sia legata molto alle dinamiche settoriali e culturali dei paesi di appartenenza (Faraoni et al. 2020). 

PRODUZIONE E COMPETENZE NON SI PARLANO

La sensazione più avvertita è che l’Italia sia piuttosto rimasta indietro per quanto riguarda le skill digitali e l’educazione della propria forza lavoro. Diversi indicatori mostrano questo gap. In questo caso l’analisi settoriale sembra essere efficace nel capire cosa è successo negli ultimi anni e spiegare alcune disfunzionalità del sistema italiano. Se si analizza e mette in correlazione l’adozione di nuovi processi e prodotti e la variazione di personale esperto in ICT o attività “digitali” non si ottengono i risultati attesi, ossia una crescita di entrambi i fattori.

Variazione percentuale di innovazioni di prodotto e di processo e variazione percentuale di addetti ICT (alcuni settori industriali tra il 2012 e il 2016)

Solo nella metà dei casi, infatti, ad una variazione positiva dei processi e dei prodotti innovativi corrisponde un significativo maggiore impiego di specialisti ICT, come ci si potrebbe attendere. È il caso, in particolare, dei settori dell’informatica e dei servizi d’informazione, della carta e del legno, e delle attività professionali scientifiche e tecniche. 

Questo avviene per una serie di fattori che vanno dalla mancanza di personale formato, allo scarso collegamento tra mondo dell’educazione e della produzione, ma anche alla carenza di reskilling e upskilling e di investimenti nel fattore umano. 

IL RUOLO DELLO STATO 

Di fronte allora a queste due evidenze quale può essere il ruolo delle politiche pubbliche? Si parla molto di politiche attive del lavoro, ma, oltre alla scarsa reattività della politica, le proposte che circolano rimangono molto generiche.

Eppure il settore pubblico potrebbe qui giocare un ruolo di grande rilievo, anche se molti commentatori liberali potrebbero non essere d’accordo. Precisiamo che non si tratta di invadere il campo dei privati, bensì di giocare di squadra e supportarsi a vicenda:

QUALI POLITICHE PUBBLICHE
  • Lo Stato ha il primario compito di rivedere le politiche educative, integrando la didattica e le conoscenze di base con quelle applicate;
  • Le politiche attive del lavoro devono essere segmentate in base alle necessità delle fasce anagrafiche della popolazione. Le esigenze formative di un giovane (18-35 anni) sono diverse rispetto a quelle di un lavoratore considerato “obsoleto” e ad eventuale rischio automazione;
  • L’integrazione di nuove tecnologie va di pari passo con la disponibilità di infrastrutture digitali adeguate. L’Italia non ha ancora integrato a pieno le potenzialità dell’Industria 4.0 anche a causa della scarsa connettività e della carenza di manodopera qualificata;
  • Gli investimenti pubblici, in partnership con quelli privati, possono essere una soluzione efficace e accelerare il processo di trasferimento tecnologico e delle competenze tra le due sfere di azione. 
DRAGHI ALL’ORIZZONTE

Tra i primi punti programmatici emersi dalle consultazioni per il futuro governo tecnico, e che Mario Draghi sembrerebbe considerare priorità, ci sono quelli dell’educazione e del lavoro. L’autorevolezza dell’ex governatore della BCE potrebbe dare una forte spinta per attuare quelle politiche pubbliche necessarie all’accompagnamento della robotizzazione con un sistema di competenze avanzato. 

Non solo digitalizzazione e innovazione devono avere la priorità nella pianificazione degli investimenti pubblici (sia Recovery Fund sia strumenti come il Piano Transizione 4.0), anche lavoro e formazione continua sono necessari per avviare l’Italia verso la costruzione di un sistema nazionale competitivo. Non più resilienza, ma lungimiranza. 

 

NOTA METODOLOGICA  

I settori presenti nel grafico sono così suddivisi:
A) industrie alimentari, delle bevande e del tabacco
B) industrie tessili, dell’abbigliamento, articoli in pelle e simili
C) industria dei prodotti in legno e carta, stampa
D) fabbricazione di coke e di prodotti derivanti dalla raffinazione del petrolio, di prodotti chimici, di prodotti farmaceutici, di articoli in gomma e materie plastiche e di prodotti della lavorazione di minerali non metalliferi
E) fabbricazione di computer e prodotti di elettronica e ottica, apparecchi elettromedicali, apparecchi di misurazione e di orologi
F) fabbricazione di apparecchiature elettriche ed apparecchiature per uso domestico non elettriche e di macchinari ed apparecchiature nca
G) fabbricazione di mezzi di trasporto
H) altre industrie manifatturiere, riparazione e installazione di macchine e apparecchiature
I) commercio all’ingrosso e al dettaglio, riparazione di autoveicoli e motocicli
L) trasporto e magazzinaggio, esclusi servizi postali e corrieri
M) telecomunicazioni
N) informatica ed altri servizi d’informazione
O) attività professionali, scientifiche e tecniche escluso servizi veterinari. 

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