Sanità digitale: che fare?L'IDEA DI GIACOMO BANDINI

Il settore della sanità digitale, come molti altri, ha ricevuto un forte impulso con l’emergenza Covid-19. Ora è chiamato alla prova delle maturità e ad un’estensione che va oltre l’immediata necessità di limitare spostamenti, contatto fisico e facilitare l’operato di medici e strutture sanitarie preposte all’erogazione delle prestazioni. Il tema della telemedicina e dei servizi digitali è uscito dal recinto degli addetti ai lavori ed è approdato anche tra gli utenti/pazienti. Non si può più tornare indietro.

Nell’ultima presentazione del Comitato Interministeriale per la Transizione Digitale di luglio 2022 la tabella di marcia per la Missione 6 del PNRR, quella relativa alla “Salute”, indicava una significativa accelerazione. Il potenziamento del Fascicolo Sanitario Elettronico (FSE) sta procedendo nella giusta direzione. Mentre per la Piattaforma Nazionale di Telemedicina è stata avviata la manifestazione di interessi da AGENAS. La gara definitiva o l’assegnazione diretta del progetto di partenariato pubblico-privato dovrebbe invece proseguire il suo cammino entro fine anno. 

Una volta gettati questi due pilastri della nuova strategia di digitalizzazione sanitaria, è possibile fare un breve quadro di quello che ancora rimane in sospeso e quello che invece potrebbe essere preso in considerazione per migliorare il servizio ai cittadini e il lavoro di tutti gli operatori sanitari

I PUNTI IN SOSPESO…

In primis, sembrano mancare ancora i modelli di sanità digitale da implementare sui territori.  Molte realtà hanno avviato sperimentazioni, anche in autonomia rispetto alle linee guida ministeriali, con diversi gradi di successo e di avanzamento. Non esiste tuttavia un percorso definito per l’integrazione delle tecnologie e dei servizi digitalizzati (soprattutto quelli aggiuntivi alla Televisita, al Teleconsulto e al Telemonitoraggio) nei presidi territoriali previsti dai vari decreti (DM 71, poi 77). 

I modelli risultano maggiormente chiari nella parte organizzativa (ad es. una Casa della Comunità ogni 40.000-50.000 abitanti), ma non sull’utilizzo degli strumenti tecnologici per raggiungere gli obiettivi sanitari previsti.

… GLI OPERATORI SANITARI? 

Inoltre, non è ancora ben dettagliato il ruolo degli operatori sanitari in relazione all’utilizzo delle varie soluzioni tecnologiche. Quali strumenti verranno considerati prioritari e chi ne può fare utilizzo? Sono previsti percorsi di formazione e di coinvolgimento dei professionisti che operano all’interno delle strutture territoriali? Quale ruolo per progetti ad hoc che includano anche partnership pubblico-private o best practice ispirate dai nuovi modelli e dalle nuove soluzioni sul mercato? Si penserà alla facilità di utilizzo per i pazienti che devono accedere ai servizi e orientarsi nel nuovo SSN, semplificando e migliorando la loro esperienza?

… E I MICRO-SERVIZI AL CITTADINO

Infine, non si è affrontato un dettaglio importante. I micro-servizi al cittadino. Il focus è ancora molto forte sull’alimentazione del FSE e sui quattro pilastri della Telemedicina. Tuttavia è possibile considerare dei servizi accessori e digitalizzati che possono dare supporto a queste colonne portanti. Ad esempio, strumenti di comunicazione efficace sia mirata sia massiva con il paziente (che è sempre più connesso), soprattutto per le fasi di prevenzione e per la gestione delle cronicità. Oppure soluzioni che permettano al paziente di valutare il suo percorso e la sua esperienza con il servizio sanitario, contribuendo al suo miglioramento. Questa parte è ancora molto marginale nella roadmap disegnata fino al momento e non è ancora certo se farà parte o no delle piattaforme di telemedicina, nazionale e regionali.

NON SI TORNI INDIETRO 

Oltre a chiarire questi punti, è necessario evitare la discontinuità che comporta un avvicendamento istituzionale (come quello in corso) e non scostarsi da quanto realizzato fino a questo momento. Proseguendo e recuperando ciò che è previsto dalla tabella di marcia, e magari chiarendo i punti rimasti in sospeso o non del tutto chiariti. In primis, per evitare che i modelli di sanità territoriali impostati negli ultimi due anni subiscano ulteriori modifiche e quindi un rallentamento nella loro implementazione. Questo provocherebbe non solo incertezza per gli operatori stessi, ormai impegnati con i progetti del PNRR e con un riassetto ormai ampiamente avviato, ma rallenterebbe anche l’incentivo a ulteriori investimenti sia pubblici sia privati. In secondo luogo, per continuare con il processo di consapevolezza del potenziale della sanità digitale e degli strumenti a disposizione da parte di tutti gli attori coinvolti nel processo, soprattutto i cittadini.

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