Scienza e Iene: Cresce l’Esigenza di Chiarezza Sotto il Gran SassoL'articolo di Stefano Cianciotta per Il Messaggero

Se la scienza non può essere democratica, (l’affermazione è di Piero Angela), perché le ricerche scientifiche possono essere confutate e messe in discussione soltanto dagli scienziati, deve però imparare a informare la pubblica opinione sugli esperimenti che sta effettuando.

L’oggetto della disputa televisiva che ha contrapposto l’inviata de Le Iene e l’Istituto di Fisica nucleare, non è solo l’esperimento SOX quanto la reiterata incapacità della scienza di attivare processi di comunicazione e di informazione per spiegare cosa sta indagando, passaggio ineludibile soprattutto nell’era dei social network per creare consenso intorno alle sue attività.

Nel 2002 l’allora sversamento di trimetilbenzene nelle sorgenti del Ruzzo esasperò la disputa tra l’opinione pubblica abruzzese e l’Istituto di Fisica Nucleare, già divisi sulla realizzazione del terzo sotto tunnel sotto il Gran Sasso, che sarebbe servito agli scienziati come via di fuga.

Per la prima volta, dopo trent’anni dalla sua istituzione, l’Abruzzo mise allora in discussione l’utilità di ospitare nelle viscere della montagna più alta degli Appennini un centro di ricerca così prestigioso.

A capo della struttura fu chiamato nel 2003 l’attuale Rettore del GSSI Coccia, abile nel ricucire gli strappi con le istituzioni e i cittadini abruzzesi, aprendo di fatto la struttura all’esterno.

Negli ultimi anni l’istituto di ricerca si è di nuovo progressivamente chiuso, vanificando in termini di consenso il successo internazionale dell’esperimento dei neutrini e il recente Nobel per la Fisica all’americano Barish, membro del Comitato Scientifico del GSSI.

Nel frattempo, invece, i social network hanno ampliato le comunità di discussione in rete trasformando la scienza in un prodotto democratico, ad uso e consumo di ognuno di noi. E in rete, si sa uno vale uno e gli scienziati, da sempre lontani dalle persone e in questo caso addirittura nascosti sotto terra, in ossequio alla vulgata complottista sono considerati soggetti che lavorano per produrre strumenti terribili (si pensi a tutta la polemica dei No Vax).

Trasmissioni come Le Iene, poi, contribuiscono a veicolare messaggi la cui attendibilità scientifica non ha e non deve avere alcun valore, come nel caso della campagna favore di Stamina, il cui sostenitore Vannoni è stato arrestato ad aprile.

L’ambientalismo abruzzese dal 2002 è cresciuto in peso e strategie di comunicazione, contestando con grandi manifestazioni il Centro Oli dell’Eni a Ortona, l’industria estrattiva al largo delle coste adriatiche (No Triv) e gli elettrodotti di Terna. C’è stato poi il processo contro i componenti della Grandi Rischi a L’Aquila.

Insomma in Abruzzo la misura era colma da tempo, ragione per cui quando si tratta materia così incandescente non solo l’Istituto ma anche tutti gli organismi autorizzatori a cominciare dalla stessa Regione, dovrebbero contemplare piani e azioni di comunicazione per illustrare e spiegare ai cittadini in cosa consistono gli esperimenti, e in che modo viene garantita ogni giorno l’incolumità della popolazione abruzzese e della sua risorsa più importante: l’acqua.

Ne va anche della reputazione della ricerca italiana e dello stesso Istituto, di cui in Abruzzo e in Italia in tanti hanno già chiesto la chiusura.

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