Spunti per una seria (e non ideologica) transizione energeticaL'IDEA DI STEFANO CIANCIOTTA

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La nuova fiammata dei costi del gas si è improvvisamente guadagnata gli onori delle cronache di questa campagna elettorale. Al di là dei palliativi, sulla tassonomia l’Europa (non solo l’Italia) si gioca il suo futuro di player industriale globale.

NO IDEOLOGICO = NO SVILUPPO

Nonostante i catastrofisti e i profeti del no ne avessero decretato la fine, Melendugno, splendida località costiera del Salento conosciuta per l’approdo del Tap (oggi chi lo contestava come il ministro Di Maio vuole addirittura raddoppiarlo), ha raggiunto il record di turisti ed è la quinta città del Salento per numero di presenze estive. 

Se a questa notizia aggiungiamo l’arbitrato da 190 milioni di euro vinto nei giorni scorsi dall’Inglese Rockhopper con lo Stato italiano per la vicenda Ombrina, il progetto petrolifero offshore davanti alle coste abruzzesi bloccato nel 2016 dal Ministero dello Sviluppo Economico, ci rendiamo conto della pericolosità del no ideologico a tutto, oggi di nuovo prepotentemente alla ribalta con l’attacco ai cantieri del TAV in Val di Susa.

UE: STRATEGIA DA RIVEDERE

Si può dire all’Europa che deve abbandonare la pretesa drammatica e costosa di fare la decarbonizzazione in un solo continente?
Nonostante il mondo procedesse in una direzione contraria (Cina e India), o più lentamente (USA), l’Europa infatti ha manifestato la volontà di decarbonizzare, con una crisi di investimenti sul gas che ha creato, appena è ripresa l’economia dopo il Covid, una crisi dell’offerta di gas.

NORVEGIA: OVVERO IL PIANO B SUL GAS RUSSO 

Il Governo norvegese, al contrario, ha annunciato che entro il 2030 aumenterà l’estrazione di idrocarburi e di gas, e fa profitti record proprio grazie all’Europa, di cui è il secondo fornitore di petrolio e gas dopo la Russia. “Se l’Europa si impegna a comprare, la Norvegia può sostituire più gas russo”, ha dichiarato a maggio il ministro del Petrolio e dell’Energia Terje Aasland.

Come ogni produttore, la Norvegia cerca di assicurarsi la domanda per le sue esportazioni, che l’hanno resa uno dei Paesi più ricchi del mondo e hanno aiutato l’Europa a ridurre la sua dipendenza dall’energia russa.

I PREZZI CONTINUANO AD AUMENTARE

Alla luce di quello che sta accadendo bisognerebbe avere il coraggio di dichiarare la sospensione della transizione ecologica, che è la vera causa, in ultima istanza, della mostruosa cavalcata dei prezzi dell’energia elettrica (tra cui quelli del gas), cominciata molto prima della guerra Ucraina, come ha affermato il presidente dell’Associazione Nucleare Italiana Umberto Minopoli.

I prezzi si continuano ad impennare per la continua volontà di proclamare la riduzione dei fossili, ma continuando a tenere agganciato il prezzo dell’elettricità, che è prodotta anche da fonti non fossili (nucleare e rinnovabili) al prezzo del gas. La guerra Ucraina e i ricatti della Russia che usa il gas come arma di guerra, ha solo aggiunto benzina al fuoco dei prezzi.

COSA SI PUÒ FARE?

Senza condizionamenti ideologici, per fare una transizione seria bisogna estrarre più gas, calmierare il peso delle tasse carboniche per chi deve produrre con il gas, moltiplicare i rigassificatori, rinnovare e implementare la rete dei gasdotti per renderla sempre più efficiente, sganciare l’elettricità (rinnovabile e nucleare) dal prezzo del gas, realizzare la tassonomia che invita ad investire nel nucleare e nel gas come fonti sostenibili.

Il tetto al prezzo del gas più i sussidi ad imprese e famiglie sono palliativi temporanei se non si procede ad una revisione e aggiornamento delle politiche di decarbonizzazione.

In autunno migliaia di piccole imprese saranno decimate dal caro energia. Queste imprese costituiscono il DNA del nostro sistema industriale. Difenderle significa implicitamente aiutare l’economia e l’industria europea, che già ha cominciato in alcuni settori (tessile) a produrre in Paesi meno costosi come la Turchia, alla faccia del reshoring e dell’accorciamento delle filiere di cui tanto abbiamo parlato durante il Covid. 

Nelle prossime settimane su questi temi si giocherà molto del futuro dell’Unione, non solo del nostro Paese.

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