SWIFT to go down: le sanzioni finanziarie alla RussiaL'idea di Luca Bellardini

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Tra le molte sanzioni inflitte a Mosca per aver invaso l’Ucraina, l’esclusione delle maggiori banche russe dal sistema SWIFT è quella che ha fatto più clamore, perché al momento è quella con le ripercussioni più pesanti e concrete.

Pur trattandosi di un acronimo SWIFT (Society for Worldwide Interbank Financial Telecommunications), anche con le lettere minuscole rende l’idea: si tratta infatti del consorzio che ha sviluppato un’infrastruttura tecnologica — oggi sicuramente «veloce», «rapida» — per lo scambio di messaggi grazie ai quali le società finanziarie aderenti (più di 11mila) possono eseguire numerose transazioni. Il sistema è multilaterale: sarà sempre possibile contare sulla presenza di un istituto terzo che garantisca la dazione e la ricezione, anche per un semplice bonifico tra persone fisiche. 

UNO STRUMENTO DI CIRCOLAZIONE E LIMITAZIONE MONETARIA GLOBALE  

Vale la pena di riflettere sull’epoca in cui lo SWIFT venne concepito: era da poco finito il sistema di Bretton Woods, fondato sulla (parziale) convertibilità delle valute in oro; era iniziata l’età della moneta fiat, cioè puramente “fiduciaria”, senza alcun sottostante metallico stabilito ex lege. È un dato di fatto che l’allentarsi dei vincoli alla circolazione monetaria si è accompagnato a una progressiva liberalizzazione dei movimenti di capitale attraverso Paesi e aree valutarie differenti, almeno fino alla crisi del 2008. Abbiamo osservato che il rovescio della medaglia è la «finanziarizzazione» dell’economia, vieppiù fondata sulla componente «scritturale» (paper money): vale a dire, la semplice formalizzazione di obblighi o facoltà di pagamento nel futuro, originando strumenti finanziari «derivati» il cui valore dipenda dall’andamento di attività sottostanti; con le quali il collegamento, però, potrebbe essere anche molto labile e indiretto. Se le recessioni degli ultimi anni non ci avessero rammentato la problematicità di quei casi in cui il sottostante siano crediti non-performing (cioè di dubbia esigibilità), oggi avremmo sotto gli occhi le turbolenze dei derivati “scritti” sulle commodity agricole: in special modo il grano e altri cereali, di cui l’Ucraina è fra i maggiori produttori al mondo. In generale, è innegabile come gli ultimi cinquant’anni abbiano visto sì un’importante — e indubbiamente positiva — apertura dei mercati dei capitali; allo stesso tempo, tuttavia, periodi di estrema incertezza come quello presente potrebbero farci rimpiangere il vecchio ordine, più ingessato ma allo stesso tempo più “sicuro”.  

SE NON PASSA LA MONETA, PASSANO GLI ESERCITI

In questo paradigma, lo SWIFT ha un ruolo assolutamente encomiabile, allorché mette in piedi uno standard utile e sicuro per la compravendita di beni e servizi in quella che impropriamente definiamo «economia reale». Come è ormai noto, anche l’acquisto europeo di idrocarburi di produzione russa avviene con transazioni che viaggiano su quella rete di messaggistica. Per chi viene colpito dalle sanzioni, in realtà, non mancherebbero le alternative. Un precedente è ravvisabile nelle banche iraniane, tagliate fuori nel 2012 ma inserite dai Paesi europei in un circuito alternativo, pur con scarso successo; c’è poi l’omologo cinese, Cross-border Interbank Payment System (CIPS). Nessuno di questi, però, gode delle «esternalità di rete» (positive) di cui lo SWIFT si è fatto portatore anche in virtù del suo legame con il Paese “garante” della tenuta del sistema finanziario internazionale, cioè gli Stati Uniti (coi risvolti geopolitici che ne discendono). 

Chiedendoci se la sanzione sia davvero pesante per la Russia, la risposta non può che essere affermativa. La vera domanda è: continuerà a premere affinché Mosca ponga fine all’aggressione, non solo di uno Stato libero e democratico ma dell’intera pax europaea? Una questione geopolitica assai più che economica. La partecipazione delle banche ai circuiti transfrontalieri, la sicurezza degli scambi e la libertà per i privati di operare senza confini — scegliendo in maniera autonoma i propri partner sulla base di considerazioni di business, dunque soltanto di “merito” — attraversano un’epoca in cui non sono più garantite

Nel ‘98, quando fece default sul debito sovrano, la Russia postcomunista mostrava un grado di apertura internazionale ancora limitato: le conseguenze, dunque, furono risentite quasi solo nella Federazione. Per la fortuna di tutti gli esseri umani, l’Occidente ha vinto la «guerra fredda» e diffuso il capitalismo anche negli angoli più remoti del pianeta. Alcuni regimi come quello di Mosca, però, tendono a invertire il nesso di causalità nella regola secondo cui «dove non passano le merci, passano gli eserciti» (Bastiat): per motivi in gran parte extra-economici si decide se e quando far passare gli eserciti; in tal caso, ovviamente, la via delle merci si chiude a prescindere dalla reazione altrui. Anche se non subissero l’ostracismo dallo SWIFT, l’unica speranza per le banche russe di restare sufficientemente liquide e redditizie è che il loro Paese non le esponga ai rischi incommensurabili di queste drammatiche scelte.

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