Tav, il valore della lettera all’UeL'ARTICOLO DI STEFANO CIANCIOTTA PER FORMICHE.NET

La missiva inviata dalla struttura del ministero dei Trasporti, con la quale l’Italia ha detto sì alla Tav, sembra davvero chiudere un trentennio di no alle grandi opere

Da simbolo del no a tutto che ha animato il dibattito ideologico contro le grandi infrastrutture da Tangentopoli ad oggi, a emblema di un Paese che si vuole rimettere in moto investendo su crescita e sviluppo, senza bloccare i cantieri.

La lettera inviata ieri a Bruxelles dalla struttura del ministero dei Trasporti, con la quale l’Italia ha detto sì alla Tav mettendo fine ad almeno un ventennio di proteste estenuanti (sulla scorta delle quali è nato il Movimento Cinque Stelle), sembra davvero chiudere un trentennio di no alle grandi opere, un lungo periodo nel quale l’emotività e l’irrazionalità hanno impedito qualsiasi confronto politico. Il valore simbolico di questa lettera ridimensiona il peso anche della manifestazione No Tav di oggi in Val di Susa, una iniziativa legittima ma fragile perché nel frattempo è stato detonato il suo valore ideologico.

Con il referendum per chiudere le centrali nucleari nel 1987 si è dato avvio di fatto ad un lungo periodo di conflittualità, acuito dal 1992 con l’accelerazione sempre maggiore contro le opere pubbliche e la necessità di intensificare i controlli e disciplinare le procedure (Antonio Di Pietro nel 1997 divenne ministro delle Infrastrutture), confluito poi nella “deriva” ambientalista con le battaglie dal 2007 in poi contro trivelle e gasdotti, che hanno aperto la strada al no a tutto.

In mezzo il fallimento di Italia ’90, i campionati del mondo di calcio che non hanno lasciato in dote alcun impianto sportivo perché progettati e concepiti già vecchi (chi scrive non è a favore di tutte le infrastrutture ma solo di quelle utili e che soddisfino i criteri dell’interesse generale), e la Legge Obiettivo (2001), la cui finalità era quella di riportare in agenda il tema delle infrastrutture come leva strategica dello sviluppo. Poco per un Paese che negli ultimi trenta anni ha realizzato solo il 13% di nuove infrastrutture e che, Alta Velocità ferroviaria a parte (a proposito quando il Paese si decide di ricordare come merita un civil servant come Lorenzo Necci?) di nuove grandi infrastrutture ne ha realizzate davvero pochine.

Quello che la lettera del Ministero ha messo nero su bianco era già contenuto nelle affermazioni del Commissario straordinario di governo per la Torino-Lione Foietta, che a dicembre 2018 aveva ribadito un concetto tanto evidente quando chiaro e cristallino: a parlare sono solo gli atti.

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