Oltre la Barriera. Perché sostenere il libero commercioCOMPETERE PRESENTA IL TRADE BARRIER INDEX 2019

Competere presenta in esclusiva per l’Italia il Trade Barrier Index 2019. L’Indice misura il grado di apertura al commercio di 86 Paesi. L’Italia occupa la 37esima posizione ed è all’ultimo posto in Europa.

Il Trade Barrier Index analizza le restrizioni commerciali in 86 paesi; che rappresentano l’83 percento della popolazione mondiale, il 91 percento di tutti i beni e servizi scambiati e il 94 percento del PIL mondiale.

PERCHÉ È IMPORTANTE?   Le crescenti tensioni commerciali stanno avendo tangibili ripercussioni sull’economia globale, come ad esempio la guerra dei dazi tra USA e Cina oppure tra USA ed Unione Europea. Si riscopre il ruolo fondamentale dell’interscambio di beni e servizi per lo sviluppo e la crescita. Il dibattito sul tema necessita di uno strumento in grado di misurare l’entità delle barriere commerciali, le forme in cui esse possono declinate e il ruolo che svolgono nel limitare le strategie di investimento e le politiche di scambio.

LO SCAMBIO FA BENE   Quando non ostacolato da restrizioni, il commercio:

  • Consente agli individui di scambiare idee, merci, servizi e tecnologia a condizioni reciprocamente vantaggiose;
  • Incoraggia l’uso più efficiente delle risorse;
  • Premia le innovazioni che si traducono in valore aggiunto;
  • Accresce il benessere economico a livello globale.

QUESTIONE DI PARAMETRI   L’indice identifica tre principali tipi di restrizioni al commercio internazionale: misure tariffarie, misure non tariffarie e restrizioni applicate ai servizi. Un quarto componente, la facilitazione, include altre componenti interne necessarie per consentire il libero commercio: tutela dei diritti di proprietà, solidità delle infrastrutture logistiche, adesione agli accordi commerciali regionali e restrizioni al commercio digitale.

BENE L’UE, MALE USA E CINA   Ai primi posti nell’Indice si trovano diversi tra i Paesi più sviluppati per PIL pro-capite e innovazione oltre a quelli che tradizionalmente hanno avuto un’elevata propensione allo scambio internazionale come la Gran Bretagna e l’Olanda. Stati Uniti e Cina, i protagonisti della guerra commerciale sono invece considerati Paesi piuttosto protezionisti e occupano rispettivamente la 54esima e l’85esima posizione. Per entrambi pesano i regimi tariffari sia nei rapporti bilaterali sia overall e specifiche misure non tariffarie. La Cina inoltre perde terreno anche per le numerosi restrizione ai servizi (70esimo posto) e per l’imposizione di barriere tecniche agli scambi (10/10 il punteggio).

ITALIA TRA OMBRE E LUCI   L’Italia che occupa il 37esimo posto nell’Indice è ultima per apertura al commercio nell’area geografica di appartenenza, ossia l’Europa Occidentale. Le ombre relative al nostro Paese riguardano soprattutto le restrizioni al commercio dei servizi (i settori più penalizzati sono quello ingegneristico, dell’aviazione civile, dell’architettura e delle costruzioni) e la voce “facilitazioni” che include la tutela della proprietà intellettuale (46esimo posto) e i servizi digitali (36esimo posto).

Le luci invece riguardano le due voci “misure tariffarie” e “non tariffarie” dove l’Italia è sostanzialmente in linea con i Paesi UE e con la media globale. Inoltre, fa registrare performance di vertice nelle prestazioni trans-frontaliere e nella presenza commerciale dei settori trasporti e finanziario.

L’Indice mostra, con alcune eccezioni di rilievo, come gli ostacoli al commercio vadano di pari passo con il minore benessere dei popoli. Le recenti tendenze protezioniste rischiano di arrecare danni significativi alle economie soprattutto per i Paesi che basano parte della propria economia sulla domanda estera. Il Trade Barrier Index può essere uno strumento utile ai decisori e agli investitori affinché trovino soluzioni migliori e nel caso italiano abbiano una base di partenza per risolvere alcune problematiche e migliorare la propensione all’interscambio.

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