ZES, Occasione per Sviluppare Infrastrutture al SudL'Articolo di Stefano Cianciotta per Il Sole24Ore

L’introduzione della ZES (Zona Economica Speciale a fiscalità agevolata) assume per le regioni meridionali un’importanza fondamentale per il sostegno alle politiche di sviluppo industriale e logistico del territorio.

Il Masterplan per il Sud, infatti, ha assegnato alle regioni meridionali 24 miliardi di euro. Queste risorse, tuttavia, produrranno effetti economici positivi solo nel lungo periodo perché siamo ancora nella fase dei bandi di progettazione, e nel migliore dei casi trascorreranno almeno tre anni prima dell’apertura di possibili cantieri, con una durata media di altri 3/5 anni.

Nel breve, quindi, è soprattutto la ZES, concepita dal legislatore per attrarre investimenti diretti attraverso incentivi, agevolazioni e deroghe normative, la misura che deve essere resa concreta.

Le fasi di progettazione e programmazione sono in capo alle Regioni. Delle ZES si è discusso martedì scorso in Conferenza Stato-Regioni, che ha approvato lo schema di attuazione del progetto da consegnare al Governo.

Il futuro delle regioni del Sud, quindi, passerà dalla capacità di velocizzare i processi amministrativi, sotto il profilo delle agevolazioni fiscali, dello snellimento dell’iter autorizzativo e della individuazione di partner economici qualificati. Ancora più condizionante sarà la scelta del modello di sistema, che per essere fortemente attrattivo ed inclusivo, dovrà essere capace di mettere in rete le infrastrutture marittime e terrestri. Un new deal che per essere tale ha bisogno di scelte strategiche lungimiranti e coraggiose, che dovranno evitare di emulare progetti verticalizzati su realtà territoriali.

Di free zone a fiscalità agevolata nel Meridione se ne parla da molti anni. Nel 2002 ci aveva già provato il ministro dell’Economia Tremonti, e se allora il vero ostacolo era l’Europa, oggi il vero nemico dello sviluppo e degli investimenti è la burocrazia che governa gli enti locali e le Regioni.

Gli interventi dei tecnici del MEF erano ambiziosi, perché il provvedimento per il rilancio dell’attività economica al Mezzogiorno prevedeva un credito d’imposta, pari al 90%, per le imprese che avrebbero commissionato studi o finanziato investimenti nelle università e negli istituti di ricerca delle regioni meridionali.

Dopo il tentativo del centrodestra fu la volta del centrosinistra perché le Zone Franche Urbane (ZFU) furono disposte dalla Legge finanziaria del 2007 del Governo Prodi, con la quale fu costituito nello stato di previsione del Ministero dello Sviluppo economico un apposito Fondo per il finanziamento di queste misure di intervento.

Con l’articolo 37 del D.L. n.179 del 2012, poi, fu prevista la possibilità che le risorse individuate nella riprogrammazione dei programmi cofinanziati dai Fondi strutturali 2007-2013 nell’ambito del Piano di coesione, nonché ulteriori risorse regionali, potessero essere destinate anche al finanziamento delle agevolazioni già previste per le Zone Franche Urbane.

Le ZES come le Zone Franche Urbane introducono agevolazioni e incentivi fiscali, ma per funzionare devono superare i due principali fattori che scoraggiano gli investimenti più del peso fiscale: la farraginosità del sistema burocratico e l’incertezza della giustizia.

Nel mondo esistono circa 2700 ZES, Cina e Dubai sono gli esempi più conosciuti. In Europa se ne contano una settantina, 14 delle quali istituite in Polonia. La misura fiscale più importante delle ZES polacche è la corporate income tax che può oscillare tra il 25% e il 55% a seconda di una serie di variabili. Per ottenere l’esenzione, le imprese devono ricevere un’apposita autorizzazione che è subordinata ad una serie di condizioni, come un investimento minimo di 100.000 euro o il mantenimento del business e della forza lavoro nell’area per almeno 5 anni. Se quanto dichiarato non si verifica, l’impresa è costretta a restituire gli aiuti ricevuti.

Tra il 2003 e il 2012 la ZES ha contribuito ad una crescita media del PIL nelle regioni interessate pari al 4,12%. Nella progettazione della ZES sarà decisiva la valorizzazione della filiera che ogni regione vuole andare ad attrarre, e per questo risulterà fondamentale interpretare con attenzione le dinamiche storiche e prospettiche dei mercati di riferimento. Ogni ZES deve contenere almeno un porto, e attualmente sul tavolo del Governo sono già arrivate le proposte della Regione Calabria con Gioia Tauro e della Campania con il potenziamento dell’hub strategico di Napoli-Salerno. La straordinaria opportunità della ZES va sfruttata mettendo a sistema l’intermodalità delle regioni meridionali con i necessari investimenti sulla rete ferroviaria, funzionali ad elevarla agli standard europei di massima efficienza.

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