Contro la deforestazione, l’importanza del pragmatismoDI ANTONIO PICASSO

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Fondamentale dare il benvenuto all’intesa raggiunta a Bruxelles affinché prodotti come gomma, soia e olio di palma possano essere importati e commerciati in Europa solo se non coltivati in terreni oggetto di nuova deforestazione.  

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Parlamento e Commissione Ue hanno trovato un’intesa affinché prodotti come gomma, soia e olio di palma potranno essere importati e commerciati in Europa solo se non coltivati in terreni oggetto di nuova deforestazione. Una nuova legislazione a tutela dei boschi a cui bisogna dare il benvenuto perché si tratta di un passo avanti per una agricoltura responsabile e un riconoscimento a quelle imprese che da tempo applicano autonomamente rigorosi standard di sostenibilità.

PRENDIAMO IL CONTESTATO CASO DELL’OLIO DI PALMA 

Dopo anni di investimenti e sforzi congiunti tra pubblico e privato, la filiera può essere presa a modello. Infatti, se il 95% dell’olio di palma importato nel nostro Paese è certificato come sostenibile è perché la filiera di approvvigionamento e l’industria di trasformazione made in Italy hanno anticipato la normativa di Bruxelles. Qualcuno può anche mettere in discussione alcune certificazioni (come la RSPO – Round Table for Sustaianble Palm oil), ma è evidente che le imprese italiane abbiano progressivamente adottato criteri sempre più severi, tecniche di rilevamento e monitoraggio più avanzate, investimenti che permettono un minuzioso tracciamento del prodotto dal più piccolo dei coltivatori fino al prodotto finale. Ecco, invece che di integralismi ideologici che puntano all’utopia senza ottenere nulla, l’ambiente ha bisogno di pragmatismo, impegno quotidiano e soluzioni intelligenti.

In questo senso quella vissuta dalle commodity agricole nel 2022 è stata una esperienza significativa. Nonostante il conflitto russo-ucraino, la speculazione post-pandemia, stress finanziari e colli di bottiglia nel commercio internazionale, le catene del valore hanno saputo dimostrare resilienza e adattabilità. Alla serrata di semi di girasole ucraini – e alla conseguente mancanza di olio – molte aziende hanno tentato un “piano B”, che finora non si è risolto. Molte altre, invece, hanno optato per una soluzione più efficace, di successo e strategica tornando a utilizzare olio di palma come ingrediente chiave: efficace per la significativa disponibilità da parte dei produttori; di successo poiché quello estratto dalla palma è l’olio vegetale da sempre più versatile; strategica perché ha restituito a questo prodotto la sua centralità storica ma con una profonda novità… adesso la quasi totalità di quanto importato è certificato con i più elevati standard di sostenibilità.

DEGLI OLI VEGETALI ABBIAMO E AVREMO ANCORA BISOGNO

Non è pensabile una riduzione dei consumi alimentari. Né come individui, né come popolazione mondiale. È la Fao, in questo, a indicarci la via. Siamo 8 miliardi di persone e abbiamo bisogno di quasi 20 trilioni di calorie al giorno di sostentamento. Il tenore di vita complessivo della popolazione mondiale sta migliorando (come indicato dagli indici delle aspettative di vita media, scolarizzazione e accesso alle cure mediche). La strada del mangiare meno, implicita alla decrescita felice, non è percorribile. Forse nel ricco Occidente possiamo ricalibrare la nostra dieta ma, guardando a certe zone dell’Africa, pensare di ridurre la produzione suona invece assai stonato. Piuttosto bisogna andare avanti, passo dopo passo, per crescere in equilibrio tra uomo e natura.

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>> Leggi Deforestazione: la best practice dell’Indonesia e le ambiguità europee <<

Image credit: Adnkronos <<<

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