Crisi del gas e prezzo delle materie prime. Soluzioni sostenibiliDI PIETRO PAGANINI

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Articolo pubblicato su Formiche.net

Il prezzo del gas sale. Prima di qualsiasi intervento per calmierarlo è urgente comprendere le dinamiche dei mercati delle materie prime.

Il prezzo del gas si è impennato nell’ultimo anno, alternando leggere discese. Il conflitto in Ucraina ha sicuramente amplificato l’aumento galvanizzando la speculazione. Gli speculatori sono prevalentemente in Occidente. Mettere un tetto al prezzo può essere una soluzione (che gli Usa invocano). Non è ancora chiaro come funzionerebbe. Rappresenta inoltre, un pericoloso precedente che potrebbe avere conseguenze inintenzionali e imprevedibili contro la logica del mercato libero. Prima di qualsiasi intervento è urgente comprendere le dinamiche della speculazione nel mercato delle materie prime.

Le dinamiche di domanda e offerta delle materie prime, come il gas e il petrolio, attirano l’interesse degli investitori industriali e finanziari. I primi investono nei processi di produzione e distribuzione, i secondi investono nei primi ma anche nell’acquisto e vendita (intangibile) delle materie prime. Il comportamento dei primi aumenta o diminuisce il prezzo gradualmente, l’atteggiamento dei secondi può far crollare o schizzare verso l’alto il prezzo in pochissimo tempo (come nel caso del gas).

Comprendere le dinamiche che governano il prezzo delle materie prime aiuta a produrre in modo sostenibile. Si tutelano le dinamiche del libero mercato, e cioè gli interessi dei produttori investitori e dei consumatori. Servono delle regole che aiutino la mano invisibile a favorire gli investimenti (e l’innovazione) e i consumi.

Nel mercato naturale delle materie prime il prezzo è determinato dal rapporto tra la domanda e l’offerta e in particolare dai costi di produzione. Nel caso del gas si tratta degli investimenti per identificare i giacimenti, i costi di estrazione, le infrastrutture per la distribuzione e la gestione.

Una volta arrivato al mercato (naturale) il prezzo del gas sale e scende in funzione della domanda di chi lo compra, sia esso il gestore della rete, sia il consumatore finale.

Con l’evoluzione esponenziale del mercato artificiale finanziario, al mercato si presentano anche soggetti nuovi. Alcuni (trader) influenzano le dinamiche di domanda e offerta intermediando tra chi produce e chi compra. Hanno interesse a operare per comprare a poco e vendere a tanto.

Altri invece, scommettono sul prezzo futuro comprando (virtualmente) quantità più o meno importanti di gas che poi rivenderanno ad altri compratori. Scommettono sulla base di esperienza e conoscenze del mercato delle materie prime e dei fattori che lo influenzano (clima, guerre, domanda, ecc.). E a loro volta hanno interesse a influenzare questi fattori per spingere il prezzo in alto. Scommettono di comprare a poco e vendere a tanto. Scommettono senza mai andare al mercato e toccare in qualche modo la merce. Infatti, siglano contratti con il prezzo che la merce avrà in un preciso momento nel futuro.

La loro scommessa è finanziata (e assicurata) da tanti altri investitori che gli prestano danaro (virtuale) perché credono nella bontà delle loro scelte.

Queste scommesse non si fanno andando al mercato naturale (fisico) ma sul mercato finanziario (virtuale) progettato per questo tipo di operazioni. Sono le borse delle materie prime.

La speculazione del mercato finanziario non sarebbe cattiva se a guadagnarci fossero anche gli operatori del mercato naturale, e i consumatori finali. Ci guadagna tutta la filiera.

In questa fase storica, però, ci guadagnano solo i mercati finanziari e qualche operatore. Un intervento è quindi necessario per far si che gli investimenti di tutti gli operatori e il potere di acquisto dei consumatori (vale a dire dei cittadini) sia tutelato.

Per alcuni è sufficiente mettere un tetto al prezzo del gas. Non è chiaro come e dove lungo questa complessa filiera di soggetti che partecipano al mercato del gas si possa applicare il tetto.

Fatichiamo anche a prevedere le conseguenze inintenzionali di questa proposta. Non riusciamo proprio perché è talmente tanto articolata che è difficile capire a chi possa giovare. Piace agli Usa e al governo italiano che però si è dimenticato di spiegarla ai cittadini. Non piace ai Paesi del Nord Europa. Molti speculatori finanziari sono proprio in Occidente.

Certamente il tetto al gas rappresenterebbe un pericoloso precedente di ingerenza, soprattutto se la logica del suo funzionamento non è ben spiegata.

Altri governi hanno praticato strade diverse con altre materie prime. Per esempio, hanno bloccato le esportazioni di grano e zucchero (parzialmente, in India), e olio di palma (per un mese, in Indonesia). Pensano di far scendere il prezzo scoraggiando la speculazione influenzata dal mercato internazionale. Per gli operatori è infatti meglio vendere all’estero a prezzi di mercato o in casa a prezzi calmierati. O addirittura è meglio manipolare la distribuzione per alzare i prezzi e vendere al mercato nero.

È stata una scelta di equità sociale in Paesi in cui la distribuzione è lunghissima e frammentata, con tanti intermediari. Hanno dimostrato di aver colto il problema, seppure non riescono a risolverlo sennonché con interventi drastici ma inutili nel lungo periodo.

Il governo italiano sta introducendo un contributo (del 10%) sul maggiore prezzo che si forma sul mercato (italiano) rispetto al prezzo di ingresso. Si aggiunge alla tassa sugli extra profitti. La scelta è intelligente ma può poco se il prezzo in ingresso è già alto. Il problema è evidentemente internazionale e non nazionale. E contrasta con quanto il primo ministro pontifica in Europa, e cioè il tetto al prezzo.

Il governo dovrebbe impegnarsi a promuovere questa tassazione più elevata sui profitti tra i membri della Ue. Non lo fa, perché?

In Occidente continuiamo a illuderci che il problema del prezzo delle materie prime sia il conflitto in Ucraina e la perfidia della Russia. Dovremmo invece studiare bene le filiere per capire dove si annida la speculazione cattiva e scoraggiarla. Altrimenti ci dimostriamo liberali e democratici a parole, ma nei fatti siamo peggio delle oligarchie.
Ue (lo sta per fare) e governo italiano devono studiare le filiere delle materie prime; devono spiegarle ai cittadini così che comprendono le dinamiche dei mercati che li riguardano; devono smettere di accusare i vicini quando i primi responsabili sono a casa nostra; devono intervenire per scoraggiare la speculazione negativa.

Se vogliamo esportare la democrazia con i mercati e il commercio (e non con la Nato) dobbiamo dimostrare di essere liberali nei comportamenti.

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