Etichette alimentari: la strana moda dei “senza”DI PIETRO PAGANINI

Articolo tradotto e ripreso dal giornale di Propalma Ecuador 

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Nell’ultimo decennio nel settore alimentare è esplosa la moda dei “senza”. Con il “senza” si indica che un particolare ingrediente è assente o è stato sostituito per soddisfare il desiderio, il bisogno, o la paura del consumatore. Senza zucchero, sale, OGM, coloranti, cereali, edulcoranti, lattosio, glutine, burro, olio di palma, etc. Ai cibi senza si aggiungono quelli con “meno”, meno calorie, grassi, grassi saturi, sale, zucchero, etc. 

Tra questi i più diffusi (cambia da paese a paese) sono i “senza zucchero”, “senza glutine” e “senza olio di palma”.

CAMBIO DI ROTTA 

Il “senza” in etichetta ha sostituito il “con l’aggiunta di” che era di moda nei primi anni del 2000. In quel caso si indicava che un ingrediente era stato aggiunto per soddisfare i desideri o i bisogni del consumatore. Si è passati dall’aggiunta di qualche cosa all’assenza di qualche cosa di altro. 

Con la Pandemia la tendenza si è timidamente invertita ancora una volta. La paura del virus spinge i consumatori a chiedere che negli alimenti ci sia qualche cosa di rassicurante contro il virus.

IL “SENZA” PER INFORMARE  

Il “senza” può essere utilizzato per informare il consumatore con particolari esigenze mediche (allergie, per esempio) che quel particolare ingrediente (da cui deriva l’allergia) è stato eliminato. È il caso del senza glutine. Con il “senza zucchero” si vuole informare il consumatore che un ingrediente con particolare apporto calorico e quindi pericolo per i diabetici, è stato tolto.

MA PER L’OLIO DI PALMA?  

Nel caso dell’olio di palma invece, non c’è una valida ragione. Si tratta di una questione commerciale per raggiungere quei consumatori male informati che ritengono l’olio di palma pericoloso per la propria salute o per la sostenibilità e quindi l’ecosistema. I consumatori sono stati infatti, male informati sull’olio di palma. Non è un caso ma ci sono delle precise ragioni finalizzate a boicottare l’olio di palma.

LA STORIA DEL BOICOTTAGGIO  

Il primo boicottaggio dell’olio di palma risale agli anni 90 del 1900, negli Stati Uniti. I produttori di soia male sopportavano la competitività dell’olio della palma. Lo boicottarono accusandolo di essere poco salubre. Allora vi era scarsa sensibilità per la questione della sostenibilità e dei diritti dei lavoratori. 

Il boicottaggio durò molto poco perché il Governo malese raggiunse un accordo politico con quello americano. Inoltre, la Food & Drug Administration (FDA) vietò l’impiego dei così detti claim negativi, come il “senza olio di palma”.

In Europa la legislazione sui senza resta confusa e rimbalza tra la Commissione UE e i governi dei paesi membri. Nè la revisione del regolamento Fronte Pacco a cui la commissione sta lavorando risolverà il problema. Infatti, nella UE il “senza olio di palma” è andato diffondendosi parallelamente alla campagna di boicottaggio che diverse organizzazioni con argomenti differenti hanno scatenato per il vecchio continente. Per la UE come per il Governo italiano il “senza olio di palma” deve dimostrare un beneficio per il consumatore altrimenti non dovrebbe essere impiegato. Ma non esiste un controllo, e come dimostro più avanti non vi è alcun vantaggio nell’eliminare l’olio di palma. Questo conferma che verso l’olio di palma c’è una campagna commerciale denigratoria. 

Sono stati i produttori francesi di olio di colza con il sostegno di ONG locali e successivamente con la sponda di quelle internazionali a cominciare. La competitività dell’olio di palma sottraeva grandi fette di mercato alla colza, e quindi i tanti fondi europei che derivano dalla PAC (Politica Agricola Comune), la principale voce di bilancio della UE. L’accusa degli agricoltori francesi è che la filiera della palma da olio causa la deforestazione nel Sud Est Asiatico. 

L’ITALIA E IL SUCCESSO DEL “SENZA” 

Ma il successo del “senza” trova il suo terreno più fertile in Italia. La ragione è ancora una volta commerciale e specificatamente legata al mercato delle creme spalmabili e dei biscotti. Vi è un leader di mercato che impiega il miglior olio di palma per qualità (livello bassissimo di contaminanti) e sostenibilità (certificazione di sostenibilità e tracciabilità). Per cercare di indebolirlo lo si attacca sui punti considerati più deboli, come l’italianità dei suoi ingredienti, la quantità di zucchero, e appunto, l’olio di palma. In Italia, seguiranno poi la Spagna, e molti paesi europei, anche se con le dovute differenze, va in scena una delle più aggressive campagne di demonizzazione di un ingrediente. Prima si accusa l’olio di palma di fare male alla salute: contiene un livello altissimo di grassi saturi e troppi contaminanti. Poi di fare male all’ambiente. Non importa che gli studi scientifici, i fatti, e le evidenze dicano il contrario. Anche perché l’EFSA (European Food Safety Authority) nel report pubblicato nel 2016 sui contaminanti presenti negli oli vegetali comunica che “(…) contaminants found in palm oil, but also in other vegetable oils, margarines, and some processed foods, might raise potential health concerns for average consumerà (…)”. L’affermazione faziosa e non scientifica che “l’olio di palma ma altri oli vegetali” contengono contaminanti potenzialmente pericolosi è sufficiente a intensificare il boicottaggio. Nel 2018 l’EFSA pubblicherà una revisione del primo report modificando i limiti di rischio. Nel 2021 la Commissione UE pubblica il regolamento sui contaminanti 3-MCPD. Tutti gli oli, compreso quello della palma, che entrano in Europa sono sotto quei limiti. 

La percezione negativa sull’olio di palma superò il 70% in Italia. Molte aziende alimentari, spaventate dal rapporto EFSA, sostituiscono l’olio di palma con quello di girasole. I prodotti senza olio di palma crescono esponenzialmente tra il 2016 e il 2018, per poi scendere fino al 2021 (+13,5, +12,9, +3,8, +1,6, +2,3, +1,2).

MIGLIORA LA REPUTAZIONE  

Dal 2018 al 2021 la reputazione dell’olio di palma in Italia è andata progressivamente migliorando. Poco meno di 4 consumatori su 10 lo ritengono potenzialmente pericoloso. Nel corso degli anni infatti, i consumatori hanno avuto modo di informarsi. La scienza e le evidenze scientifiche hanno prevalso. Uno studio pubblicato dal sottoscritto ha dimostrato che i prodotti che hanno tolto l’olio di palma non hanno ridotto i grassi saturi, in molti casi (95%) li hanno aumentati. Così come abbiamo dimostrato che per avere un rischio di cancerogenicità un individuo di 80kg deve ingerire 48,5 kg di olio di palma e cioè 388 kg di biscotti (Glycidyl Esters), e 5,4 kG di olio e 25 kg di biscotti (Chloropropanol). Nonostante questi numeri e nonostante il regolamento UE molti media continuano a ripetere che l’olio della palma è ricco di pericolosi contaminanti. 

La narrazione non cambia in fatto di sostenibilità. Italia e Spagna sono meno sensibili al problema dell’ambiente e più attenti alla salute. Mentre nel resto d’Europa è lo stesso. È infatti nell’Europa del Nord che nasce il mito delle piantagioni di palma causa di tutti i mali del pianeta. Paradossale che alcune delle marche che ricorrono al “senza” sono anche affigliate alla Roundtable on Sustainable Palm Oil (RSPO).

MANCA OLIO DI GIRASOLE: IL RITORNO AL PALMA 

I numeri dimostrano che già prima della crisi dell’olio di girasole in Italia la moda del “senza” sta sciamando. Le ragioni sono diverse: i gusti e le paure dei consumatori cambiano (con la Pandemia soprattutto); la scienza e le evidenze scientifiche hanno prevalso sulle bugie commerciali; gli sperati guadagni del “senza” non sono arrivati. Sarà interessante comprendere cosa cambia con la crisi del girasole ucraino. Molte aziende stanno passando o ritornando all’olio di palma, questo comporterà inevitabilmente ad una riduzione del “senza”, nonostante qualche ONG e media di parte continuino con la solfa. Ma questa volta i consumatori sono più preparati, e soprattutto sono più preoccupati dai prezzi e dalla pericolosa crisi alimentare. 

Non è la fine del “senza”. I produttori di olio di palma non tirino un sospiro di sollievo. È in questi momenti che vanno costruite le condizioni affinché la palma da olio sia accettata e non più discriminata. Anche se, per usare una metafora calcistica, chi vince attira invidie. E la palma da olio è vincente, e il “senza” è l’arma degli invidiosi. 

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