Le poco note ragioni strutturali della resilienza economica dell’ItaliaDI ROBERTO RACE

Nelle ultime settimane si è discusso molto della valutazione del rating sovrano dell’Italia da parte delle principali agenzie internazionali, una valutazione che ha un impatto decisivo sulla credibilità del Paese e sull’attenzione che può generare presso gli investitori internazionali. Normalmente questo giudizio è stato sempre molto temuto, ma questa volta è diverso perché la situazione economica dell’Italia è migliore di quanto non lo fosse in passato.

Nella fase di ripresa post-pandemica il nostro Paese, infatti, sta mostrando una buona capacità di recupero, evidenziando anche una maggiore resilienza rispetto a quanto osservato negli altri principali competitor europei (in primis Francia e Germania).

I principali previsori internazionali sono stati costretti a rivedere frequentemente al rialzo le stime di crescita dell’Italia, che ha saputo gestire le difficoltà di un contesto internazionale caratterizzato da un’estrema incertezza, da strozzature delle catene globali del valore, da problemi legati alle forniture di gas (l’Italia è uno dei paesi più dipendenti dal gas russo), oltre che da questioni più strettamente geopolitiche conseguenti al conflitto russo-ucraino.

Nelle scorse settimane sia il Fondo Monetario Internazionale sia la Commissione Europea, che non sono mai stati molto morbidi col nostro Paese, hanno corretto le precedenti valutazioni sulla crescita del PIL italiano, innalzandole. In particolare, la Commissione Europea ha stimato una variazione del PIL per il 2023 dell’1,2%, andando anche oltre le previsioni del Governo pubblicate nel DEF di aprile, e migliorandole rispetto allo 0,6% di febbraio e, addirittura, allo 0,3% previsto in autunno.

I numeri di contabilità nazionale descrivono un dato di fatto incontrovertibile: una crescita nell’ultimo biennio che ha più che compensato la caduta del 2020, un forte sostegno degli investimenti, non solo in costruzioni. Per meglio interpretare questi andamenti è necessaria una lettura integrale che unisca a fattori di natura congiunturale anche elementi più strutturali.

La resilienza dell’Italia è, infatti, anche il frutto di una struttura produttiva meno dipendente dalle catene del valore globali, in particolare quelle più colpite nell’ultimo biennio, ma anche di una ricostruzione del sistema produttivo che è stata forgiata dalle crisi vissute negli ultimi quindici anni, a partire da quella finanziaria internazionale del 2008, e che ha consentito la sopravvivenza delle imprese più solide.

Gli incentivi per le imprese (per es. Industria 4.0) e le misure del PNRR hanno contribuito – e contribuiranno anche nei prossimi anni – a rafforzare la transizione verso un sistema più digitalizzato e innovativo, migliorando così anche la dinamica della produttività dei fattori, che ha rappresentato il grande limite alla crescita dell’economia italiana a partire dal 2000. 

Oltre a questo, va evidenziato anche un aspetto che, forse, non è ancora molto noto: l’Italia è un paese dalle grandi potenzialità e da importanti primati, potrebbe essere molto attrattivo per gli investitori internazionali ma raccoglie poco rispetto a quello che meriterebbe. Secondo le statistiche internazionali, si caratterizza per un grado di integrazione multinazionale inferiore a quello dei principali competitor: il rapporto tra stock di investimenti diretti esteri in entrata e Pil (21,4% nel 2019) in Italia rimane di molto inferiore a quelli di Regno Unito (73,9%), Spagna (53,9%), Germania (23,7%) e Francia (31,1%). Si è osservata una marginale ripresa degli investimenti esteri negli ultimi anni, tuttavia, la posizione dell’Italia resta tuttora indietro.

L’Italia subisce un grave pregiudizio: è infatti raccontato fuori dai confini nazionali – e a volte anche dentro – con degli stereotipi negativi che non rendono giustizia a un Paese che, invece, vanta numerose eccellenze e primati. La narrazione che offende l’Italia racconta di un paese politicamente instabile, che vive al di sopra delle proprie possibilità, che è altamente indebitato, che non mantiene gli impegni internazionali, dove i “lacci e lacciuoli” burocratici frenano gli “animal spirits”, sempre indietro nelle statistiche internazionali che “contano”, terra d’origine di mafia (un termine che anche all’estero è usato in italiano) ma dove si mangia bene (pizza e spaghetti).

Certi stereotipi sono difficili da far morire. A ottobre del 2022, la copertina dell’Economist dedicata a commentare l’incapacità politica del premier inglese Liz Truzz era intitolata “Welcome to Britaly”, con un’immagine nella quale il primo ministro era vestito da centurione romano con l’elmo di Scipio, una pizza tricolore a mo’ di scudo e una forchetta che avvolge degli spaghetti come lancia.

Britaly, un neologismo che con una connotazione volutamente negativa e offensiva per il nostro Paese, intendeva descrivere un contesto di instabilità politica che – nel giudizio degli autori – ricalcava la tradizione italica. 

Emblematica la risposta dell’ambasciatore d’Italia a Londra, Inigo Lambertini, al direttore dell’Economist: “Leggere l’Economist è un piacere per ogni diplomatico”, tuttavia “la vostra ultima copertina è ispirata ai più vecchi tra gli stereotipi. Sebbene spaghetti e pizza siano il cibo più ricercato al mondo, per la prossima copertina vi consigliamo di scegliere tra i nostri settori aerospaziale, biotecnologico, automobilistico o farmaceutico. Qualunque sarà la scelta, punterà un riflettore più accurato sull’Italia, anche tenendo conto della vostra non tanto segreta ammirazione per il nostro modello economico”.

Questo esempio incarna perfettamente un atteggiamento frutto, nella migliore delle ipotesi, di ignoranza se non di malizia, se si vuole pensare male. Pur essendo il nostro paese un’economia caratterizzata da criticità che certamente ne hanno limitato il potenziale di crescita, ci sono numerosi fattori di eccellenza che fanno dell’Italia uno dei paesi e una delle economie più importanti al mondo.

In questa breve riflessione vogliamo tralasciare alcune problematiche che potrebbero essere anche discusse in altra sede. Intendiamo, invece, sottolineare quelli che sono alcuni significativi primati dell’Italia, che non sono molto conosciuti. 

Non siamo i primi a occuparcene, tanti ne hanno discusso nel corso degli anni.

La manifattura italiana occupa ancora la settima posizione al mondo per valore aggiunto, una posizione particolarmente elevata, tenuto conto delle dimensioni (sia in termini di territorio che di popolazione) rispetto alle più grandi economie globali. E fa bene Confindustria a rivendicare questo primato delle imprese italiane.

Inoltre, pochi sanno che il nostro sistema produttivo è terzo al mondo per diversificazione produttiva: sempre Confindustria ha calcolato che esportiamo 4728 prodotti, come la Germania e siamo indietro, di poco, solo al Regno Unito[1]. Una maggiore diversificazione produttiva è il riflesso della capacità dei nostri imprenditori di rispondere a una domanda globale che varia rapidamente, di sfruttare le opportunità in termini di capitale umano e di competenze artigianali, di investire in impianti e macchinari che consentano di produrre beni anche molto diversi tra loro.

L’Italia, infatti, realizza prodotti finiti e componenti che spaziano da quelli più tecnologici (aerospazio, microelettronica) a quelli tradizionali del Made in Italy (alimentare, tessile, abbigliamento, mobili etc..). ln termini di export, un altro punto di forza del Paese, l’Italia è tra i principali esportatori al mondo (con una quota dell’export pari al 30% del PIL), in seconda posizione per competitività dell’export, con eccellenze in svariati produzioni e leadership globali in nicchie di mercato. La nostra industria mostra un tasso d’investimento che è superiore a quello dei principali competitor europei, Germania inclusa[2]. Ciò consente di produrre beni di più alta qualità e con contenuto tecnologico anche elevato.

L’Italia, infatti, non esporta solo prodotti “tradizionali”, come nella convinzione di molti osservatori internazionali. Per esempio, è il quinto Paese al mondo per valore delle esportazioni nel settore dell’aerospazio[3].

In un mondo che va verso una transizione ecologica dove i sistemi economici devono sempre più essere sostenibili dal punto di vista ambientale, l’Italia mostra una posizione di leadership: infatti, il nostro è il Paese con il più alto tasso di riciclo sul totale dei rifiuti speciali e urbani (79,4%), con un valore molto più alto rispetto alla media europea (48,6%) e a quello di Germania (69,1%), Francia (66,2%) e Spagna (48,7%). Secondo stime della fondazione Symbola, ciò consente di ridurre le emissioni annuali di circa 23 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio e di 63 milioni di tonnellate equivalenti di CO2. L’industria manifatturiera italiana, grazie all’apporto di materie seconde provenienti dal recupero nazionale a cui si aggiungono materie seconde di importazione e quelle provenienti dal recupero interno, raggiunge un tasso di circolarità (ovvero il rapporto tra materie seconde da riciclo e totale delle materie – prime e seconde – impiegate) pari a circa il 50%[4].

Se si guarda all’aspetto culturale, il nostro Paese è primo al mondo per numero di siti “patrimonio dell’umanità”: su 1154 siti riconosciuti dall’UNESCO in 167 Paesi del mondo, ben 58 sono in Italia, seguono Cina (con 56), Germania (con 51), Francia e Spagna (entrambe con 49).

L’Italia è prima in Europa per prodotti agroalimentari e vitivinicoli registrati e protetti: con 842 denominazioni 581 DOP, 257 IGP, 4 STG. Seguono Francia (696), Spagna (344), Grecia (260) e Portogallo (182). I prodotti DOP e IGP contribuiscono al 21% dell’export del settore agroalimentare italiano, che nel 2021 ha realizzato il record storico nelle esportazioni per un valore vicino ai 52 miliardi (+11%)[5].

Last but not least, l’Istat ha calcolato la ricchezza netta delle famiglie italiane e segnalato che nel 2021 valeva circa dieci mila miliardi di euro, vale a dire più di cinque volte il valore del Pil nazionale, e quasi nove volte il reddito disponibile. Un dato, quest’ultimo, che rende le famiglie italiane tra le più frugali al mondo: il rapporto tra ricchezza netta e reddito disponibile è più alto rispetto a quello osservato in Francia, in Canada, in Germania, nel Regno Unito e negli Stati Uniti e rappresenta un asset su cui potere fare leva nei momenti di crisi e perdita di potere d’acquisto, come quello attuale a causa dell’elevata inflazione.

L’elenco relativo a leadership industriali e caratteristiche uniche della nostra economia è più vasto di quello qui riportato e meriterebbe un approfondimento specifico. I tanti progressi, però, non cancellano le criticità presenti e i tanti ritardi che frenano lo sviluppo potenziale, non solo economico.

Tuttavia, bisogna lavorare insieme come ‘sistema paese’ per scardinare certi falsi miti che tendono a screditare l’Italia agli occhi di molti investitori internazionali.

Una strategia di comunicazione efficace, precisa e capillare finalizzata a fare conoscere meglio l’Italia fuori dai confini nazionali, aiuterebbe a migliorare la reputazione e a render giustizia al nostro Paese.

Una campagna che accenda i riflettori sui punti di forza e che sia da sprone anche ad Invitalia per fare ancora di più rispetto a quanto fatto negli ultimi anni.

Qualcosa che vada al di là dei classici road show messi in campo negli anni dal Dipartimento del Tesoro del MEF per vendere il nostro debito pubblico.

Potrebbe essere realizzata dal Governo, in collaborazione con le associazioni di categoria come, tra le altre, Abi, Confindustria, Ance, Confcommercio, Coldiretti e Confagricoltura e le principali istituzioni finanziarie, a partire da Intesa Sanpaolo, Unicredit e Generali.

Un’iniziativa di questo tipo, infine, contribuirebbe a portare in Italia nuovi investitori esteri che rappresentano una risorsa importante, in grado di rafforzare la qualità del tessuto produttivo e il posizionamento della nostra industria lungo le filiere globali internazionali. 

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[1] Confindustria, Scenari Industriali, 2019.

[2] Romano L., Traù F., L’industria italiana e la produttività. Cosa significa essere competitivi, Nota dal CSC, 4/2019.

[3] WTEx, Leading countries with highest aerospace exports in 2021.

[4] Fondazione Symbola, L’Italia in 10 selfie, 2022.

[5] Cfr Symbola, citato.

Leggi Tribunale Unificato dei Brevetti: un’occasione per l’Italia >>>

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